lunedì 31 ottobre 2011

Chi controlla il "mercato"

Se avete visto la puntata di Report di ieri seria, ricorderete che - ad un certo punto - viene citato un articolo del Sole 24 Ore dello scorso luglio,  intitolato:

Gli hedge fund scommettono contro l'Italia. Ecco gli uomini d'oro della finanza-ombra 

 

Leggendo l'articolo si apprendono alcune cose che, personalmente, reputo sconcertanti.

 

Le elenco di seguito per fissarle bene nella memoria ed essere in grado di spiegare bene ai leaders della cosiddetta "opposizione", che ci aspettiamo - anche e soprattutto da loro - una durissima ed esplicita condanna di queste pratiche ed un feroce contrasto contro questi nuovi feudatari della finanza che possono agire indisturbati in questo nuovo medio-evo globale.

 

Ecco i punti salienti dell'articolo sopra citato: 

 

a) diversi, tra i grandi colossi americani del settore, stanno vendendo importanti quote di titoli governativi del nostro paese (l'Italia) per comprare credit default swap, ovvero le speciali polizze assicurative che proteggono dal rischio di default

 

b) anche prima della crisi finanziaria l'attività di vendite al ribasso erano una strategia frequentemente attuata

 

c) dopo il collasso legato al crack Lehman, i gestori (dei fondi speculativi) stanno riconquistando rapidamente la fiducia degli investitori

 

d) i fondi sovrani, gli endowment delle grandi università americane e i grandi investitori istituzionali, come i fondi pensione, si stanno rivolgendo a loro (ai fondi speculativi) per dare una marcia in più al proprio portafoglio (!)




L'articolo riporta anche i nomi e i cognomi dei primi quattro gestori di questi fondi speculativi, in ordine di "importanza".

sabato 29 ottobre 2011

Il "mercato" risponde alla lettera

La lettera di Berlusconi alla (cosiddetta) Europa è, in realtà, indirizzata al "mercato" dei capitali.

E' una lettera che cerca di rassicurare il "mercato" e che dice:

<<
Continuate ad acquistare il nostro debito sovrano, continuate a prestarci soldi, noi siamo perfettamente in grado di pagare gli interessi e di restituire il capitale !

Noi possiamo:

- aumentare il PIL (e quindi le tasse) rendendo più flessibile il mercato del lavoro
- diminuire la spesa sociale e la spesa per le pensioni
- vendere gran parte del nostro patrimonio

State tranquilli, onoreremo i nostri impegni, la nostra "firma sovrana" !
>>

E la risposta del "mercato" non si è fatta attendere:

Complice la BCE che - smettendo di acquistare i nostri titoli (e quindi smettendo di comportarsi come "prestatore di ultima istanza") - ci lascia in balia del "mercato" che non crede alle nostre parole e ci strappa la "lettera" davanti agli occhi.

Oramai è sistematico: appena la BCE smette di fare la "Banca Centrale" e smette di acquistare il nostro debito sovrano, il "mercato" ci sbrana, i tassi di interesse si impennano, il servizio sul debito diventa sempre più gravoso e l'Italia si avvicina al punto matematico di "non ritorno" come è successo alla Grecia.


A questo punto, quindi, dobbiamo capire che cos'è "il mercato" e chi lo controlla.

Perchè tra il debitore e il creditore, non ci sono dubbi, la sovranità appartiene al creditore.

Ci proveremo nei prossimi post.

domenica 23 ottobre 2011

Il profumo dei...soldi

Un mio amico (Marco) mi ha girato questo bel cartone animato che spiega qualche dinamica monetaria in maniera molto spiritosa. Sarebbe utile farlo vedere ai piccoletti...



Non c'è che dire: ci cercano per farci crescere desideri che non abbiamo, e poi ci fanno diventare loro schiavi.

Bisogna rompere questi schemi, vivere senza la ricerca continua e assillante del "di più", altrimenti l'equazione denaro=debito ci annienterà. 

Il denaro, è bene ricordarlo sempre, è stato inventato per "facilitare" le transazioni tra le persone, non per renderle schiave degli speculatori.


sabato 22 ottobre 2011

Inkiesta sul debito

Segnalo questa interessante "Inkiesta" sul debito pubblico italiano:


Più ci ragiono e più mi appare evidente che il sistema del debito è congnegnato all'unico scopo di destabilizzare continuamente il sistema economico innescando continui cicli di

- crescita
- saturazione
- crollo

Poichè, si sa, la speculazione fa grandi guadagni sui "differenziali" (cioè guadagna molto se le derivate delle curve economiche sono molto grandi, non importa se positive o negative), mi appare altresì evidente che questo sistema giova solo ed esclusivamente agli speculatori e nuoce gravemente alla salute dei popoli.

Ergo: 

non ha senso fare riforme o manovre o aggiustamenti per rientrare e rimetterci in equilibrio perchè la dinamica intrinseca del sistema ci porterà di nuovo, e molto velocemente, fuori dall'equilibrio.

Dobbiamo cambiare la dinamica profonda del sistema, 
dobbiamo cambiare il sistema.

Ripartendo, ad esempio, da queste due semplici domande e pretendendo che queste vengano messe al centro della agenda politica e "mediatica" (ne vorrei sentir parlare in un talk show in prima serata, tanto per intenderci):

1. Perchè uno Stato sovrano, per finanziare i suoi investimenti, deve indebitarsi verso il "mercato" ?

2. Quali altri "contrappesi" possiamo utilizzare per frenare l'inflazione senza entrare nella spirale del debito ?

giovedì 20 ottobre 2011

Il fantino scommette contro il suo cavallo


La notizia rimbalza in rete da qualche settimana e riprende i contenuti di un inquietante articolo pubblicato sul Wall Street Journal il 1 settembre 2011.

Molti blog indipendenti riportano la notizia, la traducono, la commentano.

Con una certa (positiva) sopresa ho scoperto che ne parla anche il grande Federico Rampini sul suo blog all'interno di Repubblica.it:


ed ho trovato anche un passaggio sul Sole 24 Ore:



In estrema sintesi, si tratta di questo:


Goldman Sachs consiglia ai suoi clienti vip di scommettere al ribasso sull'eurozona prevedendo un crollo imminente

e, contemporaneamente,

Goldman Sachs offre servizi di "consulenza finanziaria" agli Stati europei per consentire loro di "evitare" il crollo


Se il sistema finanziario globale fosse un sistema formale governato dalle leggi della logica formale, grideremmo subito al  paradosso (A e non-A) e l'intero sistema crollerebbe all'istante sotto il peso della sua inconsistenza.

E invece non accade nulla (segno che il sistema finanziario si basa su una logica tutta sua che solo a pochi eletti è dato di comprendere).

La mitica Goldman continua indisturbata a fare i suoi affari e, non solo, riesce anche a piazzare un suo uomo al vertice della BCE: la Banca Centrale delle nazioni europee contro le quali sta speculando al ribasso.

domenica 16 ottobre 2011

L'illusione che sia...utopia, la "ricetta" degli "indignati"

Nell'articolo in prima pagina di "La Repubblica" del 16 ottobre dal titolo "Lo Stato sconfitto da un pugno di teppisti" (vedi qui), Eugenio Scalfari tratta il tema degli scontri di ieri a Roma, e sviluppa poi la discussione sul movimento degli "indignados". Scalfari sostiene che il movimento non è "effimero" in quanto, dice testualmente "... esprime la rabbia di una generazione senza futuro e senza più fiducia nelle istituzioni tradizionali, quelle politiche ma soprattutto quelle finanziarie".

Fatta questa constatazione totalmente condivisibile, si addentra poi in una serie di considerazioni, meno condivisibili a mio giudizio, sulla presunta genericità degli obiettivi del movimento, sottolineando che le "soluzioni" proposte per superare questa crisi sono, essenzialmente, pura utopia. Scrive, testualmente: " ...c'è una dose massiccia di utopia in questo modo di pensare; c'è una evidente reminescenza di comunismo utopico; c'è anche una tonalità francescana...ed un contagio di populismo...il populismo degli utopisti che predicono la Città del Sole. Ma non esistono Città del Sole, almeno in questa terra". Parole forti, non c'è che dire. In sostanza il concetto è: si, avete ragione a protestare, pero' le soluzioni che proponete non si possono fare. Cosa dite ? Volete abbassare il potere delle banche, porre qualche regola alla finanza, ri-nazionalizzare qualche cosa (ad esempio, dico io, le banche centrali stesse !) ? Suvvia, non siamo mica nella città del Sole, ragazzi, queste sono cose da...professionisti.

Allora a me che sono dispettoso ed irriverente viene da chiedere chi siano mai questi professionisti. Vorrei sperare che non siano i grandi finanzieri, dal momento che sono stati loro la causa prima di questa crisi. Potrei allora sperare che sia la politica, ovviamente, ma ahimè questa politica non mi sembra stia dando delle risposte razionali. O perchè non sa come fare, o perchè non vuole fare quello che forse dovrebbe.
Quello che vedo è che il reddito resta diviso in maniera troppo diseguale nel mondo, la forbice tra ricchi e poveri sta crescendo, i disoccupati crescono, soprattutto i giovani non hanno, a differenza dei loro padri, speranze per il loro futuro. E la gente si arrabbia.

In Italia come siamo messi, ad esempio, ad occupazione ? E' presto detto: la disoccupazione giovanile in Italia è ai massimi storici. La Confartigianato (guarda qui) nell'agosto di quest'anno ha lanciato un allarme tragico: l'Italia detiene il record negativo in Europa della disoccupazione giovanile. Ci sono più di 1 milione di giovani sotto i 35 anni senza lavoro ! Il tasso dei disoccupati per i ragazzi al di sotto dei 24 anni è del 29,6%, cioè 1 su 3 è senza lavoro. La media europea, che pure è altissima, è del 21%.

Guardiamo un attimo cosa accade fuori da Eurolandia. In un recente editoriale del New York Times, riportato sull'ultimo numero della rivista Internazionale, si legge che nell'ultimo anno il tasso medio di disoccupazione tra i laureati statunitensi sotto i 25 anni è stato del 9,6% e quello dei diplomati è del 21,6%. E le percentuali non tengono conto dei laureati che sono sottopagati e hanno un lavoro che non richiede qualifiche. I ragazzi di "Occupy Wall Street" sostengono che il settore finanziario si è gonfiato con una bolla di credito che è costata il posto di lavoro, la casa e i risparmi a milioni di statunitensi. Si legge, testualmente, nell'editoriale: "la rabbia è aumentata con i salvataggi delle banche e dalla "fame di denaro" dei politici che si sono rivolti a Wall Street per finanziare le loro campagne elettorali" . Negli Stati Uniti la fetta di reddito nelle mani dell'1% dei più ricchi è del 23,5%, la più alta dal lontano 1928, e l'aumento di tale percentuale è avvenuto in gran parte dagli anni '70 ad oggi.
La cosa che fa arrabbiare molto gli indignati americani è che negli ultimi anni gli utili delle aziende abbiano raggiunto il livello più alto come percentuale del PIL dal 1950 mentre, contemporaneamente, i salari dei lavoratori sono scesi al livello più basso dalla metà degli anni '50.

E allora gli indignati americani vogliono cambiare il modello di sviluppo, essenzialmente depotenziando lo strapotere della finanza che, come abbiamo detto anche in questo blog, appare essere la reale prima causa della crisi globale.

Anche in USA, evidentemente esiste qualche dubbio sulla reale capacità dei questi giovani ad poter incidere realmente. Cosa rispondono ai dubbi ?
Il filosofo sloveno Slavoj Zizek, autore del libro "Vivere alla fine dei tempi" ha fatto un discorso ai manifestanti di "Occupy Wall Street" e ha detto loro (cito testualmente, e mi sembra il miglior commento da girare all'editoriale di Scalfari...): "...vi diranno che state sognando, ma i sognatori credono che le cose possano andare avanti all'infinito così come sono e si accontentano di qualche ritocco. Noi non siamo sognatori, siamo al risveglio di un sogno che si sta trasformando in un incubo...Ma il cambiamento è possibile ? Oggi il possibile e l'impossibile sono distribuiti in modo strano. Nel campo delle libertà personali, della scienza e della tecnologia l'impossibile diventa sempre più possibile....nel campo delle relazioni sociali ed economiche siamo invece continuamente bombardati da un "non potete". Non potete compiere atti politici collettivi, non potete restare aggrappati al vecchio stato sociale, non potete isolarvi dal mercato globale. Forse è arrivato il momento di invertire le coordinate di ciò che possibile e impossibile. Magari non possiamo diventare immortali, ma è possibile avere più solidarietà e assistenza sanitaria ?".

Già: è possibile distribuire un po' più la ricchezza ? Se gli indignati sono dei "dilettanti", se siamo noi poveri cittadini tutti dei "dilettanti", cosa ci dicono i professionisti della politica ? Che ricetta hanno per noi ? Al momento ho sentito solo cose del tipo: immissioni di valuta, aumento del debito, privatizzazioni di massa, vendita dei tesori di famiglia, e far crescere il PIL sempre e comunque. Tutte azioni che, fino ad oggi, ci hanno fatto restare in questa crisi della quale non si vede la fine. In sostanza, con questo sistema di sviluppo capitalista senza freni, senza regole, non c'è speranza, non c'è sviluppo, non c'è lavoro per le prossime generazioni.

Ma si puo' cambiare la rotta ?

Qualcuno ci ha provato a farlo, e nessuno dei grandi mass-media ci ha raccontato come sia potuto accadere che qualche nazione abbia potuto prendere delle decisioni in barba alla volontà dei grandi speculatori finanziari.
Noi di Piazzaverdi abbiamo già discusso in questo blog il caso dell'Ecuador (guarda qui) che ha dichiarato "illegale" il suo debito pubblico.

In maniera simile, in Islanda, sono accadute cose analoghe. Ricordiamo alcuni fatti, sfruttando quello che scrive il sociologo spagnolo Manuel Castells in un articolo sull'Internazionale (guarda qui). L'Islanda era, nel 2007, il quinto paese al mondo per reddito pro capite, il sistema finanziario era dominato da 3 banche che praticamente avevano il vizietto di giocare con i soldi dei cittadini favorendo bolle speculative assai ardite, creando aziende in paradisi fiscali, gonfiando i capitali e chiedendo prestiti internazionali usando come specchietto per le allodole tali loro presunti capitali (gonfiati). Capito' allora, nel 2006, che l'agenzia di rating Fitch decidesse di declassare il paese perchè evidentemente aveva iniziato a comprendere che c'erano delle stranezze in quei "giochetti". Le banche allora cercarono di salvarsi creando dei conti ad alto rendimento pubblicizzandoli in altri paesi (Inghilterra, Paesi Bassi). Questa cosa duro' un paio d'anni poi, a settembre-ottobre del 2008 crollo' la fiducia del sistema finanziario e il paese, essenzialmente, falli': il valore delle case cadde a picco e gli islandesi si ritrovarono senza casa e senza lavoro.

A quel punto scesero in campo, direttamente, i cittadini che, dopo giorni di protesta, fecero cadere il precedente parlamento, ne elessero uno nuovo e poi un nuovo governo, guidato da una donna, Johanna Siguriardottir. Appena entrato in carica, il nuovo governo decise di nazionalizzare (capito ? nazionalizzare...) le tre principali banche, svaluto' la corona e limito' le importazioni.

Per decidere cosa fare del debito accumulato, cioè se renderlo ai creditori o no, fecero un referendum e il 93% dei cittadini votarono no alla richiesta di ridare indietro i soldi, almeno la parte del debito che avevano giudicato illegittimo, quello cioè prodotto alle loro spalle dagli speculatori. Non ci fu alcuna rivoluzione.

Ora la popolazione ha ritrovato una sua serenità, il paese sta di nuovo crescendo e i salari e i risparmi dei cittadini sono al coperto dalle speculazioni. Dal momento che i cittadini non hanno bisogno di indebitarsi chiedendo prestiti.

Certamente, il caso dell'Islanda non è facile che si possa ripetere. Anche perchè gli islandesi sono pochi, mi si dice. Resta, tuttavia, un dato di fatto a cui bisognerà trovare una risposta: la gran parte dei debiti accumulati dagli Stati non è facilmente restituibile, se si vuole rendere quanto dovuto a tutti i creditori. Bisognerà scegliere a chi ridare indietro i soldi e a chi no, temo, prima o poi.

Questo è quello che sta accadendo in Grecia, mi sembra. Se ho ben compreso ci sono solo 3 soluzioni per uscirne: o i Greci ridaranno "da soli" indietro tutto il debito che hanno contratto le loro banche con il resto di Eurolandia, abbassando enormemente il loro tenore di vita, oppure tutti i paesi di Eurolandia daranno una mano, oppure si immetteranno sul mercato un sacco di euro in più in modo da "nascondere" temporaneamente il problema. Appunto, temporaneamente.
I prossimi giorni e le prossime settimane ci diranno come andrà a finire la questione della Grecia. Poi toccherà a qualche altro Stato. E magari all'Italia, che non sembra messa benissimo.

Se questa preoccupazione è condivisa, non sarebbe il caso di porre all'agenda della discussione politica questi temi ? Possiamo guardare un po' "oltre" ? Abbiamo il diritto di chiedere a chi ci governa e a chi fa l'opposizione quale ricetta pensano di utilizzare per affrontare questi problemi ? Si può fare un audit dei nostri creditori ? Quali sono leggittimi e quali meno ? Oppure, porre anche solo queste domande, e magari ricevere delle risposte, è , per l'appunto e questa si, utopia ?

L'agenda di un indignato

Una delle tecniche maggiormente utilizzate dai regimi autoritari per manipolare la comunicazione di massa si chiama agenda setting. 

Con questa tecnica i padroni dei mezzi di comunicazione stabiliscono, in modo unilaterale (e, quindi, per definizione, antidemocratico e autoritario) quali sono le notizie che meritano la prima pagina e vanno messe in evidenza e quali sono, invece, le notizie che possono (devono) stare in secondo piano e passare inosservate.

Il risultato finale di questa strategia di comunicazione garantisce una quasi totale focalizzazione della opinione pubblica sulle notizie che guadagnano la pole-position in agenda.

Questa strategia salva le apparenze democratiche del regime perchè consente a tutti di leggere e discutere tutte le notizie del giorno, con la massima libertà, rispettando le invisibili "condizioni al contorno" che il regime ha stabilito e che la cosiddetta "opinione pubblica" non può mettere in discussione perchè esterne al suo spazio di percezione.

Il massimo livello di controllo sui sudditi di un regime, infatti, si realizza quando ciascun suddito viene privato di alcune possibilità di scelta lasciandogli comunque  la totale libertà di scegliere tra una ricchissima gamma di altre opzioni che il regime considera tutte accettabili.

Ciscuno di noi, infatti, è libero di scegliere solo ciò che può scegliere e, all'interno dell'insieme delle cose sceglibili, esercita la sua incondizionata libertà individuale.

Se esistono cose sceglibili ma invisibili, sconosciute, fuori dall'agenda, la riduzione della libertà di scelta non viene percepita come tale e il regime conserva una apparenza democratica all'interno di una invisibile cornice autoritaria.

Detto questo, guardiamo l'agenda delle prime pagine dei giornali di oggi (16 ottobre 2011).

Sono in agenda le proposte degli "indignados" ? 
Le loro idee ? 
I loro contenuti ?
Le loro critiche al regime ?

Si capisce perchè sono scesi in piazza nelle più importanti città del mondo ? 
Si capisce perchè si sono mobilitati ? 

Si parla di loro e della loro visione del mondo ?

No.

L'agenda è quasi totalmente fagocitata dalle immagini degli scontri, dalla guerriglia urbana, dalla violenza dei facinorosi.

Vediamo le foto dei carabinieri in assetto anti-sommossa, dei blindati incendiati che sprigionano altissime colonne di fumo, le strade di Roma trasformate in un teatro di guerra civile.

...

Concludo, quindi, con alcune proposte molto concrete che io, personalmente, vorrei mettere in agenda e di cui vorrei sentir discutere nei talk-show televisivi in prima serata:

a) Bankitalia possiede la quarta riserva aurea del mondo (vedi qui) pari a 2451 tonnellate di oro: perchè Bankitalia non vende un po' di riserva per ridurre il deficit di bilancio consentendo allo Stato di interrompere la spirale perversa dell'indebitamento ? 
Forse non può farlo perchè Bankitalia non è una banca nazionale ma una banca privata ?

b) Il debito pubblico italiano è, in gran parte, debito verso l'estero. Molti titoli del debito estero sono titoli a lunga scadenza e con tassi di interesse insostenibili (vedi qui). Prima di parlare di default generalizzato o far credere alla gente che gli indignados vogliono "sfasciare" il paese, possiamo mettere in agenda il tema della rinegoziazione dei tassi di interesse sul debito estero ? Possiamo chiedere ai nostri rappresentanti in parlamento di effettuare un minuzioso audit del debito pubblico prima di richiedere a noi di rimborsarlo senza fiatare ?

In attesa di vedere queste notizie in prima pagina, questa è l'agenda di Piazza Verdi e siete tutti invitati a dire la vostra.

sabato 15 ottobre 2011

Il Paese degli Asini

Il mio amico Giuseppe ha ricevuto da un suo amico questa storia che sta circolando in rete.

Non so chi sia l'autore e mi dispiace non poterlo citare in modo esplicito.

Nel frattempo condivido il suo pezzo con gli amici di Piazza Verdi sperando che si faccia vivo e diventi uno degli autori del blog ;-)

<<
 
Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio.

In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto.


I contadini erano effettivamente un po' sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.


L'uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.


Il giorno seguente, offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.


Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.


Il giorno dopo, affidò al suo socio il gregge che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l'ordine di vendere le bestie 400 € l'una.


Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100 €, la settimana successiva tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per far ciò, si indebitarono con la banca.


Come era prevedibile, i due uomini d'affari andarono in vacanza in un paradiso fiscale con i soldi guadagnati e tutti gli abitanti del villaggio rimasero con asini senza valore e debiti fino a sopra i capelli.


Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti. Il corso dell'asino era crollato. Gli animali furono sequestrati ed affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.


Nonostante ciò il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune.


Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, suo caro amico e primo assessore).


Eppure quest'ultimo, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio ne quelli del Comune e così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti.


Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi di interesse, il Comune chiese l'aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.


Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per la sanità.... Venne innalzata l'età di pensionamento e licenziati tanti dipendenti pubblici, abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate.


Dicevano che era inevitabile e promisero di moralizzare questo scandaloso commercio di asini.


Questa triste storia diventa più gustosa quando si scopre che il banchiere e i due truffatori sono fratelli e vivono insieme su un isola delle Bermuda, acquistata con il sudore della fronte. Noi li chiamiamo fratelli Mercato.


Molto generosamente, hanno promesso di finanziare la campagna elettorale del sindaco uscente.


Questa storia non è finita perché non sappiamo cosa fecero gli abitanti del villaggio.


E voi, cosa fareste al posto loro? 

Che cosa farete?

>>

venerdì 14 ottobre 2011

La lettera degli "indignados"


Non so quanti abbiano letto la lettera che gli Indignados italiani hanno spedito al presidente della Repubblica qualche giorno fa. 

Non ne ho sentito parlare molto nei grandi mass media nazionali, salvo Gad Lerner che ha parlato degli indignados all'Infedele su La7, vedi qui

Anche i grandi giornali non hanno dato grande rilevanza a questa lettera, dal momento che sono assai presi nel raccontare, ogni giorno, tutto il gossip della nostra politica nazionale. Compreso gli "sbadigli" di Bossi (vedi qui:) durante il voto di fiducia al Governo. 

Ho fatto fatica a trovare il testo integrale della lettera anche sulla rete, dove al contrario si trova una grande massa di commenti. Alla fine pero', dopo un bel po' di ricerche, l'ho trovata. 

La potete leggere da qui .

Leggendo quel testo, mi ha molto colpito un passo di quella lettera, quando, testualmente, si legge: "...bisognerebbe avere il coraggio,....,di costruirne una terza di repubblica fondata sui beni comuni e non sugli interessi privati...."

già, beni comuni e non interessi privati...appunto....

Il grande capo

In un celebre film di Lars Von Trier, Il Grande Capo, il titolare di una azienda (di software), per gestire con maggiore agilità le attività aziendali e le relazioni con i suoi collaboratori, decide di inventare la figura mitica di un presidente invisibile (il grande capo, appunto), lontano e irraggiungibile, e di attribuirgli sistematicamente la responsabilità delle decisioni più impopolari e dolorose.

Con questa subdola strategia, il "capo" riesce a governare l'azienda mantenendo un buon livello di consenso personale e riuscendo sempre scaricare sul "grande capo" (invisibile) tutte le azioni e le decisioni che possono far crollare la base del suo consenso.

Tutto funziona alla meraviglia fino al punto in cui l'azienda deve essere messa in vendita e il compratore pretende di negoziare l'affare direttamente con il presidente cioè con il grande capo in persona.

Per tentare di cavarsela e riuscire a vendere l'azienda, il capo assume un attore professionista mettendolo a recitare la parte del presidente e lasciandolo in balia delle rancorose ritorsioni di tutti i colleghi che, finalmente, possono guardare in faccia la causa ultima dei loro mali.

La metafora di Von Trier, a mio avviso, descrive perfettamente la nostra attuale situazione.

La classe politica nazionale (il capo) vorrebbe sempre agire per il bene dei cittadini, aumentando i servizi e riducendo le tasse, ma non può farlo a causa della enorme montagna di debito pubblico che l'Europa (il grande capo) ci impone di ridurre adottando manovre economiche "lacrime e sangue" che scongiurano la bancarotta e consentono al Paese di continuare ad "onorare la sua firma sovrana" (cioè continuare a pagare gli interessi sul debito).

Il grande capo è un capo più forte del capo, è più forte della classe politica e anche del Governo.

Il grande capo non ammette tentennamenti, è implacabile nei suoi giudizi e non è soggetto a nessun'altra superiore autorità.

Il grande capo non può essere mai contraddetto perchè sa sempre qual'è il nostro bene anche quando ci chiede sacrifici.

Ecco come si mette all'angolo la Democrazia: invocando una superiore ed ineluttabile necessità alla quale il popolo non può sottrarsi ed affidando l'espressione di questa volontà superiore ad entità mitologiche e misteriose (il debito... l'europa... il mercato...) che non si materializzano mai in qualcosa di concreto e visibile, in qualcosa che si può comprendere fino in fondo o in qualcuno con cui si può interagire in modo diretto e dialettico.

Poi però, quando i nodi vengono al pettine, quando arriva il "compratore", quando bisogna fare sul serio, il grande capo acquista un volto, una fisionomia e finalmente sappiamo con chi prendercela.

A questo punto possiamo fare solo due cose: indignarci ed accanirci contro l'attore (credendo che sia davvero lui il grande capo) oppure togliergli la maschera, obbligarlo a parlare, a rivelarci le diaboliche regole del gioco di cui siamo stati, per troppo tempo, ignari giocatori.

Chiedere, insomma, all'attore di rivelarci l'autore e il copione della commedia.


sabato 8 ottobre 2011

Crescere per non...morire ?

Dopo neanche mese dall'inizio di un'avventura come quella di aprire un "blog" di discussione sui temi della "crisi" (finanziaria ma non solo...), potrebbe sembrare del tutto prematuro tentare di trarre qualche prima conclusione sul livello di gradimento riscontrato. Non tanto per capire se la "cosa" è gradita o no, non è questo lo scopo di un blog che nasce da un'esigenza "privata" delle persone. Ma per capire quanto il dibattito si è sviluppato o no, quali sono i punti sollevati che suscitano interesse e discutere, approfondire attorno ad essi.

Conosco personalmente tante persone che hanno letto i post che abbiamo scritto sino ad ora io e Sandro (in realtà molti Sandro e pochissimi io...) e la maggioranza di queste persone mi ha detto che avrebbero voluto scrivere dei commenti ma che non "si sono sentiti all'altezza" di farlo. In generale, le persone da me "intervistate" hanno manifestato o scarso interesse per queste problematiche o una reale mancanza di idee in proposito, pur riconoscendo la rilevanza dei temi trattati. Ho tuttavia anche annotato anche altre reazioni, da parte di amici, colleghi, conoscenti che sono state per me molto significative e che ritengo quindi utile usare come "oggetto" per questo mio nuovo "racconto".

Vorrei premettere che il campione di persone dalle quali ho avuto un feedback diretto non ha alcuna pretesa di avere una significatività "statistica" e, per di più, non è certamente equi-ripartito quanto a schieramento politico. In sostanza io mi sono rivolto quasi esclusivamente a persone che, politicamente, avverto essere "vicine" al mio modo di pensare, e che si collocano in quell'area del palcoscenico politico italiano che si chiama "sinistra democratica", per capirsi bene più o meno quelle che votavano per l'Ulivo al tempo dei governi Prodi e che adesso sono un po' dentro il PD, altri in SEL, magari qualcuno nel movimento Cinquestelle, qualche altro nei Verdi e così via.

La prima cosa che ho avvertito da parte di queste persone è un certo stupore: in sostanza non credono molto che queste "cose" che stiamo raccontando siano realmente "rilevanti". Altri mi hanno invece proprio detto di non condividere l'impostazione, tacciandomi addirittura, bonevolmente per carità, di essere un "vetero marxista" se non, addirittura, un...rivoluzionario.
Proprio così:...rivoluzionario.

Entrando più nel dettaglio, molti sono "scettici" sul fatto che la crescita inesorabile del PIL sia il vero problema che alimenta, paradossalmente, la crisi finanziaria che viviamo: al contrario affermano, per principio, che il PIL debba per forza crescere, e che tale necessità sia quasi un imperativo categorico,...ineluttabile, vista la complessità della nostra società.

In sostanza, l'idea è che se il PIL non cresce, la società diventa ancora più povera. Questo per altro è un concetto che ci viene ripetuto più o meno tutte le sere in un qualche talk show con presenza di politici come ospiti. E non solo, certamente, di centro-destra.
Sto banalizzando, evidentemente, ma il succo della questione è più o meno questo. Ovviamente il blog è aperto per ospitare commenti: se ho capito male o se sono stato troppo sbrigativo nel trarre questa conclusione, sarei ben lieto di ricevere commenti, anche polemici, da parte degli amici con i quali ho interagito, oltre che dai pochi o tanti (speriamo) altri che vorranno farlo e che non conosco.

Sul tema dell'ineluttabilità della crescita del PIL esiste una mole imponente di cose scritte o dette. In particolare, sul tema della "bulimia" della crescita, tipica dell'occidente ricco e gaudente, c'è chi ha scritto cose molto interessanti, sottolineando molto meglio di quello che potrei saper fare io le ragioni che la rendono effettamente ineluttabile, dato l'attuale modello disviluppo occidentale (ad esempio suggerisco di leggere qui )

Allo scopo, vorrei trascrivere una frase, tratta dall'articolo di Antonio Turiel estratto dal link sopra citato, che spiega molto bene perchè, con l'attuale modello di sviluppo "occidentale" (mi verrebbe da dire "capitalista-senza-freni", sperando di non essere marchiato come vetero-marxista,...) non sia possibile, in sostanza, "rallentare" la crescita o i consumi. Cito testualmente: "... non è possibile smettere di consumare a questo ritmo ed è necessario consumare ad un ritmo crescente. E' una necessità del sistema finanziario. Senza questo consumo crescente una massa, che finirebbe per essere maggioritaria, si troverebbe senza lavoro e senza mezzi di sussistenza e, dato il modello del debito e della proprietà privata che abbiamo, senza una totale sovversione dell'ordine imperante, senza una rivoluzione con cui la gente prende con la forza le proprietà ed il potere, il destino di questa gente è quello di agonizzare e morire... ".

Se ben capisco, sempre semplificando, mi sento di trarre una mezza conclusione del genere:
In sostanza, per esigenze del "sistema finanziario" siamo obbligati a crescere, altrimenti...moriremmo. Da cui lo slogan che ho usato nel titolo: crescere per non...morire.

In realtà, come lo stesso autore dice chiaramente, potrebbe accadere anche che il sistema collassi lo stesso per crescita eccessiva e incontrollata. Dice l'autore, testualmente, in conclusione: "...così è facile capire perchè io creda che da questa spirale di degrado economico se ne possa uscire solo con un'esplosione sociale, solo con una rivoluzione. Oppure con il collasso...".

Il collasso avverrebbe perchè le risorse presenti nel Pianeta da "spremere" non sono "infinite". E quando le risorse sono finite e non-infinite, i sistemi complessi come quelli ecologici e/o sociali, prima o poi collassano.
E, se li "spremi" troppo, collassano prima.

Questa faccenda mi ricorda terribilmente i sistemi preda-predatore che mi spiegava quel grande scienziato che fu il compianto Prof. Giampietro Puppi nelle sue bellissime lezioni del corso di Fisica Superiore, dove trattava i sistemi complessi, le cui prime formulazioni matematiche furono proposte da Guido Volterra riferendosi all'equilibrio tra specie animali, prede e i predatori, (guarda qui) .

Se ben mi ricordo, visto che gli anni sono passati da quando avevo vent'anni (ahimè...) allora avevo capito che, nel caso di "prede infinite" (o infinitamente "riproducibili"), allora i "predatori" che si cibano di quelle "prede", potevano prosperare e non scomparire. Ma se, al contrario, le "prede" invece erano "finite" e magari i "predatori" erano anche assai "voraci", allora poteva accadere la "catastrofe" e cioè che la specie dei "predatori" aveva la disavventura di scomparire addirittura prima delle "prede".
Se mi si passa l'analogia, il nostro sistema "occidentale" di "sviluppo" ricorda il "predatore" che si ciba di ogni tipo di "preda" (ogni bene prodotto dalla terra, petrolio piuttosto che risorsa idrica o cibo e trattando i poveri del mondo come "schiavi" al suo servizio), non fa troppo bene i conti con la "certezza" che le risorse sono realmente limitate e potrebbe quindi giungere al collasso, e magari anche presto, dal momento che i sistemi economici-ecologici e sociali sono intrinsecamente non-lineari e possono sviluppare le loro dinamiche anche parecchio in fretta (l'esempio dello scioglimento rapido" degli iceberg antartici è un esempio, guarda qui, ad esempio):

C'è chi afferma queste cose molto meglio di me. Ad esempio, nel bell'articolo del Prof. Bonaiuti dell'Università di Bologna, si legge: (si scarica da qui): :"...non stupisce che un processo di crescita accelerata come quello descritto debba prima o poi scontrarsi con i limiti biofisici del pianeta. Le simulazioni condotte già a partire dagli anni Settanta degli studiosi del MIT presentavano, per le fondamentali variabili economico-ecologiche (disponibilità di risorse, popolazione, speranza di vita, produzione industriale, etc..) dapprima incrementi decrescenti a cui seguiva una vera e propria decrescita dei valori assoluti..."

Se queste analisi economiche, che sono oggetto di studio nelle Università, sono vere, allora mi viene da chiedere se non sia imperativo porsi qualche domanda sul come, ad esempio, arginare, o per meglio dire, rallentare questa corsa non controllata dello sviluppo economico.
E, se questa crisi "sistemica" dell'economia è in qualche maniera (anche) causata dalle speculazioni finanziarie, allora non sarebbe quantomeno opportuno inserire nell'agenda della politica di adesso, oserei dire, della "sinistra", qualche ragionamento sulla necessità di "arginare" il ruolo della finanza nei confronti dell'evoluzione sociale degli Stati e quindi, delle popolazioni ? Attraverso leggi di controllo opportune ?
In verità non mi capita di ascoltare spesso discussioni su tali temi, ad esempio nei talk show sopra citati.

Un'opzione politica del genere è....veramente rivoluzionaria o è piuttosto illusorio, per non dire sconsiderato, continuare a credere, e a far credere, che non si possa ,o addirittura si debba, fare qualcosa ?

martedì 4 ottobre 2011

Maurice Allais spiega la crisi

Maurice Allais (1911-2010), ingegnere, fisico, economista, premio Nobel per l'economia nel 1988, ha proposto una radicale riforma del sistema finanziario che parte proprio dai meccanismi di emissione della moneta e del credito. 

Per quanto riguarda l'emissione, Allais sostiene che la creazione del denaro deve essere "di competenza dello Stato e dello Stato soltanto" mentre, in riferimento al sistema del credito, questo va tripartito in tre diverse tipologie di enti: 
  • banche di deposito, 
  • banche di prestito,
  • banche d'affari 
ciascuna con precisi vincoli in merito alla creazione di moneta e credito (Allais, in particolare, è contrario allo strumento della riserva frazionaria che permette appunto la creazione ex nihilo) e alla dinamica dei prestiti che non dovrebbero mai superare in termini temporali le scadenze dei fondi prestati dai risparmiatori all'istituto.

Nel suo celebre trattato "La crisi mondiale oggi", pubblicato nel 1999, Allais scrive questa nota:

«Fondamentalmente la creazione di denaro dal nulla effettuata dal sistema bancario è identica, non esito mai a dirlo per fare ben comprendere con cosa si ha a che fare, alla creazione di denaro da parte dei falsari, per questo motivo giustamente condannati dalla legge. Nel concreto essa provoca gli stessi risultati. La differenza è chi ne trae il profitto.»

lunedì 3 ottobre 2011

Prodotto o Benessere...interno lordo ?

Riprendendo il discorso sul PIL e ascoltando con attenzione (e una grande...malinconia) il discorso di Robert Kennedy riportato in questo blog, viene da chiedersi se un mondo con più benessere possa essere compatibile con un mondo dove il PIL rimanga stazionario o addirittura possa addirittura calare. 

C'è chi pensa da tempo a queste questioni, (qui ad esempio: http://www.ilconsapevole.it/articolo.php?id=8792). E' stato introdotto il concetto di Benessere Interno Lordo (il BIL !), che non è un vero e proprio indicatore di "benessere", difficile da quantificare in un indicatore, ma piuttosto un termine che esprime l'esigenza di sviluppare tutta una serie di altre "ricchezze" che gli uomini possiedono e che non vengono misurate con un indice di ricchezza monetaria, il PIL appunto. 

Questi concetti non sono nuovi, assolutamente. Basterà citare l'iniziativa del "Club di Roma" (http://it.wikipedia.org/wiki/Club_di_Roma), che è una associazione non governativa non profit di scienziati economisti, uomini d'affari, dirigenti ai massimi livelli internazionali, che commissionarono al MIT il Rapporto sui limiti dello sviluppo pubblicato nel 1972 ("http://it.wikipedia.org/wiki/Rapporto_sui_limiti_dello_sviluppo , dal libro The limits to Growth di Donella Meadows). 

Quel rapporto in sostanza faceva alcune previsioni sulle conseguenze della crescita della sopravvivenza stessa del genere umano ipotizzando un "limite" allo sviluppo che si potrebbe raggiungere in un momento non precisato entro 100 anni, successivamente al quale dovrebbe seguire un declino improvviso della popolazione e della capacità industriale. 

La "cura" che si ipotizzava era quella di promuovere una modifica dei tassi di sviluppo per giungere ad una condizione di stabilità ecologica ed economica sostenibile anche in un più lontano futuro. Sicuramente, a mio parere, un messaggio del genere poteva sembrare a quei tempi utopia, sta di fatto che quei pensieri non si sono affatto esauriti. Se ne riparla, ad esempio, anche adesso nei colloqui di Dobbiaco (http://www.toblacher-gespraeche.it/it/colloqui-di-dobbiaco.html). 

Dalla metà degli anni 80 fino praticamente ad oggi, con qualche interruzione in mezzo, questi colloqui che si svolgono a Dobbiaco in val Pusteria affrontano tematiche ambientali di rilievo, proponendo soluzioni concrete. Il ruolo di curatore di questi eventi è passato nel 2008 da Hans Glauber a Wolfgang Sachs (http://it.wikipedia.org/wiki/Wolfgang_Sachs). 

Interessante che i colloqui dell'anno scorso avessero come titolo "il denaro governa il mondo, ma chi governa il denaro ? Percorsi per una finanza eco-solidale". Quest'anno i colloqui sono diretti da Sachs e da Karl-Ludwig Schibel e sono incentrati sul tema del "Benessere senza crescita". Nella presentazione ai colloqui si legge: "l'euforia della crescita ha lasciato lo spazio al fatalismo della crescita"...."E' lecito domandarsi se l'attuale critica alla crescita è un chiaccherio in seguito alla crisi finanziaria degli ultimi anni o se può essere interpretato come un nuovo segnale per un futuro con una crescita più lenta, una crescita zero o una decrescita"

Non sono concetti nuovi, quindi, affatto. Tuttavia la spinta alla illimitata rincorsa al PIL, per le ragioni "finanziarie" che stiamo cercando di discutere in questo blog, non sembra frenarsi. E la politica che dice ? Ad ascoltare la politica italiana dei grandi partiti, non sembra essere messo in discussione questo paradigma. Non ho mai sentito un politico, anche di centro sinistra, che abbia affrontato, pubblicamente, questo tema. Gradirei veramente essere smentito. 

Al contrario "tutti" (o quasi tutti) dicono che il PIL deve crescere, altrimenti non si abbatte il debito, creato, come visto, dalla speculazione finanziaria di "pochissimi" a danno di "moltissimi".

domenica 2 ottobre 2011

A sinistra son tutti draghi

Come tutti sapete, da qualche giorno è stato pubblicato il contenuto integrale della misteriosissima e segretissima lettera che Mr. Draghi e Mr. Trichet inviarono al governo italiano lo scorso 5 agosto, alla vigilia di una delle più grandi speculazioni al ribasso sul mercato dei nostri titoli sovrani.


La pubblicazione della lettera ha suscitato, come c'era da aspettarsi, un nutrito seguito di commenti e di analisi.

Particolarmente significativo ed esplicito è stato il commento di Enrico Letta (vicesegretario unico del Partito Democratico) pubblicato anche nel suo blog personale ( http://www.enricoletta.it/?p=5665 ) e che ora riporto integralmente:

<<
I contenuti della lettera di Draghi e Trichet rappresentano la base su cui impostare politiche per far uscire l’Italia dalla crisi. È siderale – dice Enrico – la distanza tra quelle analisi e ciò che il governo ha concretamente fatto, o meglio non fatto, in queste settimane. Qualunque governo succederà al governo Berlusconi dovrà ripartire dai contenuti di quella lettera.
>>

Non mi cimenterò in una minuziosa analisi dei contenuti della lettera dei due banchieri centrali e mi asterrò da qualsiasi considerazione relativa alla opportunità che siano proprio i banchieri centrali a dettare l'agenda politica degli Stati sovrani, loro debitori.

Mi limito solo a riportare un solo piccolo frammento della lettera...


e a ricordare (al banchiere e al politico) come si sia inequivocabilmente espresso il Popolo Italiano, lo scorso 13 giugno, in merito alla privatizzazione dei servizi locali (e, in particolare, dell'acqua):


 

e anche quali fossero le aspettative degli speculatori alla vigilia dello stesso referendum

Il PIL...

sabato 1 ottobre 2011

Crisi finanziaria e Crisi climatica: esiste un collegamento ?



 1.La crisi finanziaria


Nei post precedenti, il “focus” è stato quello di analizzare le motivazioni che conducono alla produzione del “Debito” (http://it.wikipedia.org/wiki/Debito_pubblico) che tende a crescere nel tempo a causa, parrebbe, anche della forte speculazione finanziaria legata alla produzione del denaro. L'ultimo post di Sandro evidenzia in modo mirabile come il rapporto denaro/debito sia di fatto la causa scatenante della crisi finanziaria, che conduce in certe circostanze alla "svendita" dei gioielli di casa. Vedere cosa accade oggi in Italia dove il Governo sta pensando di vendere un po’ dei “gioielli di famiglia dell’Italia” per sanare proprio questo debito...

Per l'analisi che voglio proporre è più utile soffermarsi però ad analizzare la crescita del rapporto tra il debito pubblico ed il Prodotto interno lordo (il PIL).

In Italia tale rapporto mostra dei valori sensibilmente superiori ad 1 (cioè il debito supera il PIL). Nel 2010, ad esempio, in Italia tale indice è attestato a circa il 120% come si legge dal sito ufficiale del Ministero del  Tesoro: 



Non sono certo un esperto di finanza, ma mi par di capire che, per mantenere controllato, o addirittura per far diminuire il rapporto Debito/PIL, ci possano essere diverse strade. Analizziamo le più ovvie che si intuiscono guardando i due termini del rapporto...
Se ben mi ricordo dalla scuola elementare il significato delle “frazioni”, mi verrebbe da dire che ci siano almeno due strade: o si diminuisce il debito (il numeratore), e questo sembra una cosa complessa da fare viste le problematiche finanziarie di cui sopra (lascio a Sandro le analisi…), oppure non resta che far crescere, sempre, il PIL (il denominatore). 

In tal modo il sistema del debito può reggere, almeno in teoria, fino al collasso della domanda. Ma la domanda la si può far crescere, dopo tutto il mondo è…grande, questa è l'ipotesi di fondo. Se da una qualche parte del mondo c’è una qualche saturazione dei mercati, ecco che per magia compaiono altri mercati…E via così…di fiore in fiore…di debito in debito...


Però, ahinoi, il giochetto della crescita “male controllata” del PIL (il PIL,  vero mito dei nostri governanti, di tutti i nostri governanti, attuali, passati e immagino futuri !) non rende tutti “più ricchi” come potrebbe sembrare, dal momento che il PIL non è l’unico indicatore del benessere di un paese. Non è un caso che, nonostante la continua rincorsa alla crescita del PIL, motivata dalle ragioni di cui sopra, ad  oggi l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede tanto reddito quanto il 57% più povero, e il reddito del 5% più ricco della popolazione è 114 volte quello del 5% più povero. Guardare qui per avere un'idea: 



Ma come: più aumenta il  PIL, più può prodursi disuguaglianza ? Parrebbe di si…


Ma non basta: la crescita tout-court del PIL si porta dietro anche il problema di procurare un gigantesco deterioramento del clima globale. Parlo del clima della terra. E anche della qualità dell'Ambiente dove si vive. E questo è forse, per me, il problema più rilevante, che non entra bene, sembra, nella testa dei nostri politici, e credo sia anche del tutto ignorato da parte di larghe masse di popolazione. Ritengo valga la pena riassumere in poche righe cosa si deve intendere per "crisi climatica" e da cosa sia determinata, in un blog dove vogliamo discutere di...crisi. Ovviamente non entrerò in troppi dettagli, rimando il lettore curioso al bel blog-forum Climalteranti, (www.climalteranti.it)

2. La crisi climatica


Durante l'ultimo secolo, l'uomo ha provocato un profondo mutamento nella composizione dell'atmosfera terrestre per quanto riguarda la concentrazione dei gas che contribuiscono all’effetto serra, che hanno a loro volta causato una modificazione della forzatura radiativa del clima e di conseguenza anche l'equilibrio del sistema climatico terrestre sia a livello globale sia a livello regionale. 

Dal IV report pubblicato nel 2007 dal WG1 dell’IPCC (www.ipcc.ch) emergono per l’intero pianeta alcune conclusioni rilevanti. Si legge: (il link è alla traduzione ufficiale dei summary for policimakers, redatta dal Focal Point italiano dell’IPCC, disponibile presso il sito del Centro Mediterraneo per i Cambiamenti Climatici - CMCC), vedi qui: http://www.cmcc.it/ipcc-focal-point/documentazione/dlfe-166.pdf )


Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile, come è ora evidente dalle osservazioni dell’aumento delle temperature medie globali dell’aria e delle temperature degli oceani, dello scioglimento diffuso di neve e ghiaccio, e dell’innalzamento del livello del mare medio globale ”.


E tale riscaldamento è in gran parte dovuto all’aumento della concentrazione di anidride carbonica, metano e protossido di azoto che  sono notevolmente aumentate come risultato dell’attività umana a partire dal 1750 e attualmente superano i valori pre-industriali,…

Si legge ancora: 

La maggior parte dell’aumento osservato delle temperature medie globali dalla metà del XX secolo, è molto probabilmente dovuta all’aumento osservato delle concentrazioni di gas serra di origine antropica ”. 


Questa frase è, per me, addirittura sconvolgente. La drammaticità sta nel fatto che  mentre nei molti millenni passati la variazione di concentrazione di gas serra era indotta dalle variazioni di temperatura della terra, causate da motivazioni astronomiche (i Cicli di Milankovitch: http://it.wikipedia.org/wiki/Cicli_di_Milankovitch), ebbene negli ultimi 50-100 anni (!!!) è accaduto esattamente il contrario: l’uomo ha prodotto un surplus di CO2 che ha modificato la temperatura della Terra: non era mai accaduto prima ! Ed è accaduto in 100 anni, cioè in un tempo infinitesimo rispetto alla storia del pianeta. 


E il futuro che ci attende non è roseo per nulla dal momento che le proiezioni per i prossimi 2 decenni indicano un riscaldamento di circa 0.2 °C per decennio per un range di scenari di emissione do gas serra, scenari di emissione che discendono da scenari economici dove la parola PIL è elemento chiave. 


Ma tutto ciò implica una crisi climatica ? Puo’ darsi, io sono certo che sia così. Perchè ?


Le modifiche del clima sopra descritte e che interesseranno anche la scala locale produrranno degli impatti sull’uomo e l’ambiente in cui vive in modo diretto ed indiretto, interagendo con l’intero sistema sociale ed economico. Le vulnerabilità associate ai molti sistemi suscettibili al cambiamento climatico riguardano la risorsa idrica, gli ecosistemi naturali, le aree costiere, l’industria e la capacità produttiva, l’agricoltura e la salute. Tali vulnerabilità, non solo dell’ambiente e del territorio, ma anche delle attività e dei sistemi socio-economici, sta aumentando in tutto il mondo ed è estremizzata dalla presenza di altri fattori di stress. 


Gli impatti sono tantissimi: leggendo il report del Working Group 2 dell’IPCC ci si può fare rapidamente un’idea: (rimando anche in tal caso alla lettura del riassunto per i policymakers, tradotto dal Focal Point italiano e disponibile qui:


Riproduco volutamente in modo testuale alcune frasi che si leggono da questo documento, sulle quali lascio meditare il lettore. Risorsa idrica: "secondo le proiezioni, la media annuale del run-off dei fiumi e la disponibilità di acqua a metà secolo aumenteranno di un 10-40% alle alte latitudini e in alcune aree umide tropicali, e diminuiranno del 10-30% in alcune regioni aride alle medie altitudini e nei tropici secchi; alcune di queste aree sono già soggette a stress idrico".....Ecosistemi: "La resistenza di molti ecosistemi durante questo secolo sarà probabilmente sopraffatta da una combinazione senza precedenti di cambiamenti climatici, associati regimi perturbativi (ad esempio: inondazioni, siccità, incendi, insetti, acidificazione degli oceani) ed altre cause dei cambiamenti globali (ad esempio, cambiamenti di uso del suolo, inquinamento, sovrasfruttamento delle risorse)....". Specie vegetali ed animali: "Per circa il 20-30% delle specie vegetali e animali fino ad ora valutate, il rischio di estinzione probabilmente aumenterà, se gli aumenti della temperatura media globale supereranno i valori 1.5-2.5 °C "


Per quanto riguarda il Cibo, fibre e prodotti delle foreste: "le proiezioni indicano che, a latitudini più basse, specialmente in regioni stagionalmente aride e tropicali, la produttività dei raccolti diminuirà anche per piccoli aumenti locali della temperatura (1-2 °C), facendo aumentare il rischio di carestie....Sono previsti aumenti della frequenza e dell’intensità di siccità e inondazioni, che influenzeranno negativamente le produzioni locali, specialmente nei settori di sussistenza alle basse latitudini"  


Grandi impatti anche sui Sistemi costieri e aree basse che  saranno esposte a maggiori rischi, incluso il rischio di erosione costiera, dovuto ai cambiamenti climatici ed all’innalzamento del livello marino. Si legge: "Secondo le proiezioni al 2080, sono previste inondazioni annuali che interesseranno milioni di persone a causa del sollevamento del livello del mare. Queste aree basse e densamente popolate, dove le capacità di adattamento sono relativamente basse, sono particolarmente a rischio. Il numero delle persone colpite sarà maggiore nei grandi delta dell’Asia e dell’Africa, mentre le piccole isole sono particolarmente vulnerabili"...." L’adattamento per le regioni costiere sarà più difficile nei Paesi in via di sviluppo che nei Paesi sviluppati, a causa dei limiti della capacità di adattamento dei Paesi in via di sviluppo"

Come si vede, anche qui appare la forbice crescente tra i ricchi e i poveri ! I paesi "ricchi" se la potranno, forse, anche cavare, quelli poveri no. Anche se forse è inesatto parlare di paesi "ricchi". Sarebbe secondo me più corretto dire che, con questo trend, saranno dominanti in futuro solo ristrettissime "oligarchie di ricchissimi" che detteranno legge sui paesi...tutti, più o meno.


Gli impatti sulla Salute  saranno rilevanti. Di nuovo si legge: " l’esposizione futura ai cambiamenti climatici probabilmente influenzerà lo stato di salute di milioni di persone, particolarmente quelle con bassa capacità di adattamento, attraverso un aumento della malnutrizione con implicazioni per la crescita e lo sviluppo dei bambini,  aumenti della mortalità, dovute a ondate di calore, inondazioni, tempeste, incendi e siccità, aumento delle malattie diarroiche, cardio-respiratorie, cambiamenti della distribuzione spaziale dei vettori di alcune malattie infettive". 


In alcune aree del pianeta gli impatti saranno più forti: "Ad esempio in Africa, secondo le proiezioni al 2020, tra 75 e 250 milioni di persone saranno esposte ad un incremento dello stress idrico a causa dei cambiamenti climatici. Se a questo si aggiunge anche l’aumento della domanda di acqua, allora questo influenzerà negativamente il sostentamento delle popolazioni e peggiorerà i problemi relativi all’acqua". E quindi, aggiungo io, la produzione agricola e di conseguenza l’accesso al cibo. 




Notevole, no ? Era tutto noto ? E' catastrofismo questo ? 


Certo, in un quadro del genere qualcuno ci potrà anche guadagnare un sacco di soldi. Chi ? Ipotizzo, ma gradirei veramente essere smentito, che magari qualche "cartello di speculatori" stiano già pensando alla green economy (http://it.wikipedia.org/wiki/Economia_verde) come futuro nuovo modo per fare affari. 
Attenzione, non sto assolutamente dicendo di non credere alla "green economy" come possibile mezzo per "mitigare" gli effetti dei cambiamenti climatici, sto solo dicendo che bisognerà vigilare, anche in quel contesto, il crescere di bolle speculative. 


Tutto quanto detto sino ad ora ci fa concludere una cosa: il mondo, a causa delle emissioni di gas serra cresciute a dismisura negli ultimi 100 anni e come mai accaduto nel passato della storia della terra, potrebbe andare verso una crisi climatica globale. Con enormi masse di uomini, donne e bambini a rischio per scarsità di acqua e cibo. Più malattie per i più deboli. Tanta gente sarà costretta ad emigrare dai posti più "impattati" dai cambiamenti climatici verso lidi più sicuri. Potranno svilupparsi ed esplodere delle crisi sociali molto più di quanto non sia presente già adesso: per dividersi il "meno" cibo, la "meno" acqua che saranno disponibili. Parecchie specie animale e vegetale diventeranno "ricordi" del passato. La biodiversità si impoverirà. 
A causa dei nostri modelli di sviluppo. Come ? Ipotizzo, nel seguito, qualche ragione. Che chiude il ragionamento, e propongo un "teorema" da lasciare, per dimostrazione, al lettore...





3. Esiste allora il collegamento tra la crisi finanziaria e quella climatica ?

La crisi climatica è quindi dovuta all’aumento dei gas serra che crescono, crescono, a causa dello sviluppo, essenzialmente. Noi sappiamo bene che una misura della crescita è il PIL. 
Pensiero ingenuo: Non sarà che il PIL sia  connesso alla CO2 ? O meglio, che la crescita del PIL sia una delle cause della crescita della CO2 ? 
Ovviamente c'è un "mondo" di letteratura su queste argomentazioni, tra le tante cose che ho visto ho molto apprezzato questo articolo che trovate qui: 

Parrebbe proprio che il legame ci sia e sia diretto (guardate l'equazione (3) di quell'articolo, che lega la produzione di anidride carbonica alla produzione di energia attraverso il passaggio per la popolazione ed il reddito).


Ma allora, e questo è il teorema che vorrei proporre, mi viene, ingenuamente, da pensare che:

a)  se la speculazione finanziaria ha la necessità di mantenere alto il rapporto debito/PIL,
b)  se per non far esplodere questo rapporto è necessario far crescere il PIL,
c)  se questo aumento incontrollato del PIL fa crescere i gas serra e
d) se da questa crescita può nascere uno sconvolgimento fisico, economico, sociale, del mondo come appare nella forma attuale

allora si puo’ giungere alla conclusione che la produzione del debito prodotta dalla speculazione farà collassare il mondo attraverso (anche) la crisi climatica ?

E’ lecito porsi queste domande ? Sono corretti i link ? E' dimostrabile il teorema ?