giovedì 30 agosto 2012

Diario dalla caverna

A cosa serve un blog ?

Non me lo sono mai chiesto veramente.

Forse perchè ho sempre ritenuto la domanda poco interessante. 

Fino a ieri pensavo: un blog è un "diario" che tutti possono leggere.

Un "diario" dove tu scrivi quello che ti frulla in testa (come in un "diario" personale, appunto) e gli altri - se vogliono - ti possono leggere e possono entrare in "dialogo" con te e dire la loro, se vogliono, se gli va. Senza secondi fini.

Tutto parte dall'autore, insomma, e quindi non ci sono regole particolari. 

Unico obbligo dell'autore: essere se stesso e scrivere quello che pensa senza nessuna velleità di tipo strumentale. 

L'autore di un diario è sincero, per definizione. Altrimenti non scriverebbe un diario e opterebbe per altri generi letterari.

L'unico obbligo di un blogger, dunque, è quello della verità verso se stesso e della congruenza. Semplicemente perchè non ha senso scrivere "bugie" nel proprio "diario" personale.

Proprio da questa ultima considerazione (blog = diario) e dalle sue conseguenze in termini di atteggiamento dell'autore (diario = onestà intellettuale verso sè stessi, prima di tutto) che ho capito cosa può essere un blog se l'autore inizia a scrivere, sul suo diario "segreto", la forma della caverna in cui vive assieme ai suoi fratelli, il funzionamento della caverna, perchè si vedono luci sfumate e confuse in fondo alla caverna, dove sta (forse) l'uscita dalla caverna...


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In séguito, continuai, paragona la nostra natura, per ciò che riguarda educazione e mancanza di educazione, a un’immagine come questa. Dentro una dimora sotterranea a forma di caverna, con l’entrata aperta alla luce e ampia quanto tutta la larghezza della caverna, pensa di vedere degli uomini che vi stiano dentro fin da fanciulli, incatenati gambe e collo, sí da dover restare fermi e da poter vedere soltanto in avanti, incapaci, a causa della catena, di volgere attorno il capo. Alta e lontana brilli alle loro spalle la luce d’un fuoco e tra il fuoco e i prigionieri corra rialzata una strada. Lungo questa pensa di vedere costruito un muricciolo, come quegli schermi che i burattinai pongono davanti alle persone per mostrare al di sopra di essi i burattini. – Vedo, rispose. – 

Immagina di vedere uomini che portano lungo il muricciolo oggetti di ogni sorta sporgenti dal margine, e statue e altre figure di pietra e di legno, in qualunque modo lavorate; e, come è naturale, alcuni portatori parlano, altri tacciono. – Strana immagine è la tua, disse, e strani sono quei prigionieri. – Somigliano a noi, risposi; credi che tali persone possano vedere, anzitutto di sé e dei compagni, altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna che sta loro di fronte? – E come possono, replicò, se sono costretti a tenere immobile il capo per tutta la vita? – E per gli oggetti trasportati non è lo stesso? – Sicuramente. – 

Se quei prigionieri potessero conversare tra loro, non credi che penserebbero di chiamare oggetti reali le loro visioni? – Per forza. – E se la prigione avesse pure un’eco dalla parete di fronte? Ogni volta che uno dei passanti facesse sentire la sua voce, credi che la giudicherebbero diversa da quella dell’ombra che passa? – Io no, per Zeus!, rispose. – Per tali persone insomma, feci io, la verità non può essere altro che le ombre degli oggetti artificiali. – Per forza, ammise. – 

Esamina ora, ripresi, come potrebbero sciogliersi dalle catene e guarire dall’incoscienza. Ammetti che capitasse loro naturalmente un caso come questo: che uno fosse sciolto, costretto improvvisamente ad alzarsi, a girare attorno il capo, a camminare e levare lo sguardo alla luce; e che cosí facendo provasse dolore e il barbaglio lo rendesse incapace di scorgere quegli oggetti di cui prima vedeva le ombre. Che cosa credi che risponderebbe, se gli si dicesse che prima vedeva vacuità prive di senso, ma che ora, essendo piú vicino a ciò che è ed essendo rivolto verso oggetti aventi piú essere, può vedere meglio? e se, mostrandogli anche ciascuno degli oggetti che passano, gli si domandasse e lo si costringesse a rispondere che cosa è? Non credi che rimarrebbe dubbioso e giudicherebbe piú vere le cose che vedeva prima di quelle che gli fossero mostrate adesso? – Certo, rispose.

E se lo si costringesse a guardare la luce stessa, non sentirebbe male agli occhi e non fuggirebbe volgendosi verso gli oggetti di cui può sostenere la vista? e non li giudicherebbe realmente piú chiari di quelli che gli fossero mostrati? – È cosí, rispose. – Se poi, continuai, lo si trascinasse via di lí a forza, su per l’ascesa scabra ed erta, e non lo si lasciasse prima di averlo tratto alla luce del sole, non ne soffrirebbe e non s’irriterebbe di essere trascinato? E, giunto alla luce, essendo i suoi occhi abbagliati, non potrebbe vedere nemmeno una delle cose che ora sono dette vere. – Non potrebbe, certo, rispose, almeno all’improvviso. – 

Dovrebbe, credo, abituarvisi, se vuole vedere il mondo superiore. E prima osserverà, molto facilmente, le ombre e poi le immagini degli esseri umani e degli altri oggetti nei loro riflessi nell’acqua, e infine gli oggetti stessi; da questi poi, volgendo lo sguardo alla luce delle stelle e della luna, potrà contemplare di notte i corpi celesti e il cielo stesso piú facilmente che durante il giorno il sole e la luce del sole. – Come no? – Alla fine, credo, potrà osservare e contemplare quale è veramente il sole, non le sue immagini nelle acque o su altra superficie, ma il sole in se stesso, nella regione che gli è propria. – Per forza, disse. – Dopo di che, parlando del sole, potrebbe già concludere che è esso a produrre le stagioni e gli anni e a governare tutte le cose del mondo visibile, e ad essere causa, in certo modo, di tutto quello che egli e i suoi compagni vedevano. – È chiaro, rispose, che con simili esperienze concluderà cosí. – 

E ricordandosi della sua prima dimora e della sapienza che aveva colà e di quei suoi compagni di prigionia, non credi che si sentirebbe felice del mutamento e proverebbe pietà per loro? – Certo. – Quanto agli onori ed elogi che eventualmente si scambiavano allora, e ai primi riservati a chi fosse piú acuto nell’osservare gli oggetti che passavano e piú rammentasse quanti ne solevano sfilare prima e poi e insieme, indovinandone perciò il successivo, credi che li ambirebbe e che invidierebbe quelli che tra i prigionieri avessero onori e potenza? o che si troverebbe nella condizione detta da Omero e preferirebbe “altrui per salario servir da contadino, uomo sia pur senza sostanza”, e patire di tutto piuttosto che avere quelle opinioni e vivere in quel modo? – Cosí penso anch’io, rispose; accetterebbe di patire di tutto piuttosto che vivere in quel modo. – 

Rifletti ora anche su quest’altro punto, feci io. Se il nostro uomo ridiscendesse e si rimettesse a sedere sul medesimo sedile, non avrebbe gli occhi pieni di tenebra, venendo all’improvviso dal sole? – Sí, certo, rispose. – E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima che gli occhi tornino allo stato normale? e se questo periodo in cui rifà l’abitudine fosse piuttosto lungo? 

Non sarebbe egli allora oggetto di riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a condurre su quei prigionieri, forse che non l’ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e ammazzarlo? – 

Certamente, rispose.

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Platone.

lunedì 27 agosto 2012

Un'altra strada per l'Europa

L’unificazione monetaria è stata, di fatto, strumentale alla più spietata politica neoliberista perché, sviluppando una bolla, ha offerto in apparenza opportunità per tutti ( capitale e lavoro ) lasciando però il cerino acceso nelle mani dei cittadini e dei lavoratori e più in generale del mondo della produzione che andava incontro a congiuntura e crisi certa.

La ricerca del profitto a tutti i costi, dell’accaparramento e dell’accumulazione di capitali passa attraverso la legittimazione ideologica del mercato. L’equazione ipocrita recita: tutela della proprietà =  mercato libero e senza regole. 

L’opportunità innescata dalla fase iniziale di quello che identifichiamo come ciclo di Minsky è, in fin dei conti, riservata agli interessi di un capitalismo finanziario e neoliberista che purtroppo continua a lucrare interessi anche nella fase finale di questo ciclo.

Tralasciando per il momento la continuità di una storia che ha origine a meta dei ’70,  ci si chiede allora dove ha origine il fraintendimento.

L’unificazione europea!
Chi di noi non ha abboccato all’amo di un’esca così succulenta?

Per quanto riguarda l’Italia, il peccato originale è stato commesso dalla sinistra ufficiale, che è stata anche sinistra di governo e che spudoratamente continua a vantarsene ( Bersani pochi giorni fa rivendica la paternità “sinistra“ dell’unificazione monetaria citando gli eroi Ciampi, Prodi, D’Alema: emblematica l’intercettazione pubblicata dal Giornale nel 2005 in cui Fassino chiede a Consorte, manager di Unipol: “Allora siamo padroni di una banca ?” ).

Giusto per capire di quale concime si è nutrita tanta malerba cresciuta rigogliosa all’ombra di querce, ulivi e rose rosse . Questi signori hanno spacciato per oro un soldo bucato. L’Italia che non si trova più da sola ad affrontare i suoi problemi ma che viene a far parte di un qualcosa di più vasto, l’Europa unita e integrata appunto, con il miraggio di allineare gli standard di salari, livelli occupazionali, welfare e tecnologia a quelli non di Grecia, Portogallo, Spagna o Irlanda ma di Germania, Olanda e Francia.

Noi sappiamo che l’unificazione attraverso la moneta unica e il cambio fisso è stato il ribaltamento di un processo che avrebbe dovuto concludersi con la moneta unica e non incominciare con essa. Prima l’integrazione dei vari paesi con la creazione di una AVO (Area Valutaria Ottimale) e poi la moneta unica, a quel punto più una comodità che un fatto di sostanza.

Ma le cose sono andate diversamente e chi ha mentito sapeva di farlo e ha preferito rischiare; della serie poi si vede e magari saremo costretti arrivati a quel punto, a fare la cosa giusta .

In Italia l’adesione al progetto di unificazione monetaria, mascherata da integrazione, ha avuto un consenso pressoché unanime. Questa è una lezione della storia: l’unanimità di  consenso su progetti politici di grande portata in un mondo caratterizzato da disuguaglianze, è sospetta, perché qualcuno si sta prendendo la sola.

Il mondo della finanza a quel punto si sfregava le mani, quasi non ci poteva credere. Il coinvolgimento delle banche come protagoniste di questo processo ha rappresentato di fatto una polizza per le oligarchie finanziarie, consapevoli che quando sarebbe scoppiata la bolla, l’intreccio perverso tra debito privato e debito pubblico avrebbe obbligato gli stati, pena il totale caos o il rischio di default, a far ricadere i costi dell’operazione truffa su coloro che sarebbero dovuti essere i destinatari di tutti i vantaggi e benefici millantati durante la propaganda della finta integrazione.

Chi ha tratto maggior profitto da questa operazione sono coloro che continuano a farlo ancora oggi, in piena recessione economica e in assenza di strumenti macroeconomici che possano contrastare tutto ciò.

Non voglio esagerare dicendo che chi attacca da sinistra in maniera acritica le politiche neokeynesiane è una spia o un traditore: semplicemente potrebbe non aver capito nulla perchè ha troppa spocchia intellettuale per mettersi a studiare e poca umiltà per ritrattare le proprie posizioni.

Un modo per iniziare a studiare (facciamolo almeno noi) forse consiste nel guardare un po' oltre il nostro "ombelico" europeo, capire che il mondo è grande e che altri, in questo momento, stanno facendo altre scelte e hanno preso altre strade:

http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2012/08/lattacco-alla-repubblica-del-ecuador.html

 
Mauro.

giovedì 23 agosto 2012

L'Euro non è l'Europa

A chi sostiene che il "passo indietro" (uscita dalla moneta unica) ci porterebbe nel "BURRONE", che traduco in: "i costi della uscita dall'euro sono insostenibili", chiedo: 

sulla base di quali evidenze oggettive fai questa questa affermazione ?

Per fare un ragionamento utile e intellettualmente onesto non dovremmo parlare genericamente di "burrone" o di "tragedia" o di "armageddon".

Dovremmo piuttosto CONFRONTARE (seriamente, scientificamente, dati alla mano) i COSTI della nostra permanenza nell'EURO rispetto ai COSTI di una nostra eventuale uscita dall'EURO.

Qualcuno ha fatto queste valutazioni comparate con un atteggiamento non-ideologico ?

Ricordo a tutti che l'EURO non è l'EUROPA e non è un dogma di fede quindi se ne può parlare e si può anche mettere in discussione.

E' solo uno strumento che va valutato come tale con il criterio della (reale) utilità per la GENTE EUROPEA e non (solo) per i "MERCATI".

L'EURO utile per la GENTE EUROPEA dovrebbe arrivare come un naturale coronamento (cioè un punto di arrivo, non di partenza) di una vera Unione Europea. Unione politica, economica, fiscale, del mercato del lavoro, dei sistemi educativi, previdenziali, di welfare, prima che monetari e finanziari.

Così non è avvenuto. E' avvenuto esattamente il CONTRARIO. Qualcuno ha deciso di fare l'EURO prima di fare l'EUROPA.

E adesso siamo nelle peste.

Consiglio vivamente di leggere le analisi di Alberto Bagnai sul suo blog Goofynomics e, in particolare, questa:

http://goofynomics.blogspot.it/2012/08/le-aporie-del-piu-europa.html

e questa

http://goofynomics.blogspot.it/2012/08/unhappy-families-il-portogallo.html

Gli studi scientifici (Robert Mundell) ci dicono che si può adottare una moneta unica solo su un territorio che si configura come una AREA VALUTARIA OTTIMALE (AVO) altrimenti la moneta unica è DANNOSA all'economia di quel territorio: è una moneta "tossica".

Bene, l'EURO-ZONA (intesa come popoli e territori che oggi usano l'euro) non era - e NON E' ancora - una AVO (perchè non soddisfa i requisiti che definiscono la natura di una AVO, primo fra tutti quello della mobilità dei fattori produttivi) eppure la moneta unica è stata imposta ai popoli europei pur conoscendo i danni che avrebbe provocato.

Perchè ? Dov'era la "sinistra" quando questo accadeva ? Dove erano gli EUROPEISTI ?

Aver imposto una moneta unica ad un territorio che non era pronto per recepirla ha avuto, come effetto, quello di innescare un CICLO DI MINSKY nell'economia europea. Un ciclo che ha gonfiato gigantesche bolle di debito privato (PRIVATO, non PUBBLICO) nei paesi della "periferia" attraverso un copioso e incontrollato afflusso di capitali finanziari provenienti dal "centro" senza più il deterrente del rischio di cambio e fragilizzando le economie periferiche intossicate di debito ESTERO.

Quando le bolle sono scoppiate (in Grecia, in Spagna, in Portogallo, in Irlanda) le banche di quei paesi - che fino al giorno prima avevano tranquillamente lucrato - si sono ritrovate in sofferenza e prossime al fallimento ed ora invocano (e ottengono) un massiccio intervento di SALVATAGGIO da parte della mano pubblica cioè dei cittadini (attraverso aumenti delle tasse e tagli al welfare e attraverso l'esoterico MES furbescamente definito "fondo salva stati").

Pertanto la crisi dell'euro-zona non è una crisi dei debiti sovrani, dei debiti pubblici come ci viene raccontato.

Quella è arrivata dopo ed è un sintomo, una conseguenza, non la causa.

E non ha senso curare IL SINTOMO e lasciare intatta la CAUSA.
Ci condanniamo a ripetere lo stesso tragico "film" infinite volte.

Leggiamo i dati.

Ad esempio osserviamo l'andamento dei debiti PUBBLICI e PRIVATI dei PIGS dall'introduzione dell'euro fino all'inizio della crisi (vedi la tabella presente qui).

In quel periodo i debiti PUBBLICI dei PIGS stavano diminuendo mentre i debiti PRIVATI sono schizzati alle stelle.

Come può essere il debito pubblico la causa della crisi ?

Aver imposto l'EURO all'euro-zona è come aver messo lupi e agnelli dentro la stessa gabbia senza nessun tipo di garanzia per gli agnelli se non quello di essere, prima o poi, divorati dai lupi.

Per cortesia, per favore, possiamo iniziare un serio, scientifico, non-ideologico dibattito sull'EURO e sulla reale dinamica della crisi ?

Se non facciamo una corretta "diagnosi" non possiamo neanche sperare di trovare, assieme, la giusta "cura".

Non lasciamo il dibattito sull'EURO al populismo nazionalista di destra, per cortesia.

Chi vuole la vera EUROPA, l'EUROPA dei Popoli (anzi, delle Donne, degli Uomini e dei Popoli) non può esimersi dall'affrontare questo tema cruciale, trovare un modo per correggere gli errori, e ripartire sul sentiero della Europa per il verso giusto, partendo dai bisogni della gente e non sempre dagli interessi dei pochi che muovono i grandi capitali.

Sandro.

venerdì 17 agosto 2012

Il medico e il paziente (ancora per poco)


Supponete di accusare da alcuni giorni un fortissimo mal di testa e, dopo una sommaria visita, il medico specialista a cui vi siete rivolti afferma con ostentata sicurezza che il vostro dolore è tutto causato da una ferita che avete sul piede destro e, come cura risolutiva, vi propone l'immediata amputazione del piede.

Voi che fareste (a parte scappare via a gambe levate) ?

Stando agli studi e alle analisi di alcuni prestigiosi economisti magistralmente raccontate e divulgate da Alberto Bagnai sul suo blog Goofynomics, la situazione dell' EuroZona sembra essere - oggi - esattamente la stessa.

La crisi dilaga dopo l'esplosione di gigantesche bolle di debito PRIVATO gonfiate ad arte da un sistema finanziario (privato) senza regole e senza freni (in primisi il freno esercitato dal rischio di cambio che è stato azzerato dopo l'adesione alla moneta unica).


Di fronte a questa situazione, il nostro medico, pardon, il nostro governo "tecnico", ci impone come cura l'abbattimento a tappe forzate del debito PUBBLICO mediante il Fiscal Compact e il Pareggio di Bilancio in Costituzione che avranno come unico effetto quello di costringere lo Stato ad una rapidissima e violentissima amputazione, pardon, dismissione del Patrimonio PUBBLICO e a massicci tagli alla Spesa e agli Investimenti PUBBLICI (per sanità, istruzione, ricerca, tutela del territorio...) per i prossimi 20 anni.

Delle due l'una:

O è sbagliata la diagnosi degli illustri economisti rappresentati dal prof. Bagnai, oppure è sbagliata la "cura" imposta dalla attuale classe dirigente europea e nazionale.

Se la diagnosi è sbagliata (andate a leggere Goofynomics se volete capirla bene), io paziente vorrei che qualche altro illustre professore si degnasse di fornirmi una contro-diagnosi avente la stessa chiarezza e lo stesso rigore scientifico (avete qualche indicazione in tal senso ?).

Se invece la diagnosi è giusta allora la cura che ci viene propinata deve essere immediatamente interrotta in favore di una cura completamente diversa ed adeguata al "male" che deve essere curato (uscita dall'EURO e ripristino della flessibilità del cambio ? riforma radicale del sistema finanziario e del mercato dei derivati ? Tobin Tax ? Separazione delle Banche speculative dalle Banche di deposito ? parliamone...).

Voi che dite ?

Chiediamo un consulto ad un altro medico prima di amputarci il piede destro ?

Sandro.

mercoledì 15 agosto 2012

La Siccità e la Crescita

Questa estate del 2012 si ricorderà senza dubbio per almeno due ragioni: il grande numero di onde di calore (ad oggi, 15 agosto 2012, siamo a 7 eventi) e la siccità. 

Praticamente non sta piovendo più, da qualche mese, almeno in Pianura Padana, in maniera consistente, intendo. Praticamente dalla seconda metà del 2011, fatta l'eccezione per le nevicate del febbraio 2012 e le piogge di un paio di mesi (aprile e maggio) del 2012, non viene più giù una goccia di pioggia (per saperne di più, ad esempio di quello che sta accadendo in Emilia-Romagna, si può guardare qui).

Si parla di "clima impazzito"; leggo oggi su un quotidiano (testualmente)..."prima si diceva che marzo fosse un mese pazzerello, adesso tutti i 12 mesi sono pazzerelli..."

In realtà non è questione di "pazzia" (nota a latere: quando riuscirà questa società a ricercare meno la spettacolarizzazione delle cose ed essere un po' più razionale ?) ma di normale variabilità climatica. 

Il clima "normale" è un clima che "cambia", non va mai dimenticato !  Però, e l'ho anche scritto in questo blog tempo fa (ad esempio qui, e se ne parla moltissimo anche sul blog di climalteranti in diversi post molto interessanti che suggerisco al lettore), alla normale variabilità climatica che rende un anno diverso dall'altro si sta sovrapponendo un segnale di cambiamento del clima di più lunga "memoria", per così dire. Cambiamento causato dall'inizio del '900 dall'uomo, grazie alla produzione smisurata di emissioni di gas serra.

E quindi si stanno osservando delle crescite delle temperature mai viste in passato, come intensità, e che si osservano anche a scala locale. 

Ad esempio, in Emilia Romagna ma in generale in tutta Italia, questa crescita sta assumendo dei livelli eccezionalmente alti. Parliamo di un paio di gradi in più di crescita delle temperature in circa 50 anni, più o meno 3-4 volte quello che sembra essere il "trend" dell'intero pianeta, che è attestato in circa 1 grado in 100 anni.

E non si parla solo di temperatura media, ma anche di estremi, e quindi di aumento di occorrenza di "onde di calore",e quindi di disagio bioclimatico, e quindi di problemi per la salute dei cittadini. Ma non basta.

Nell'Europa del Mediterraneo e anche da noi, popoli "padani", anche le piogge, soprattutto quelle estive, stanno calando, sia come quantità, sia come numero di eventi di pioggia "normale", sia come "tipologia" di occorrenza. Si verificano sempre meno eventi con pioggia debole (tipo 5-10 millimetri al giorno) e di lunga durata (5-6 giorni) e, al contrario, sempre più eventi di breve durata (qualche ora) e molto intensi (tipo 30-50 millimetri di pioggia, sempre in poche ore). Qualcuno parla, erroneamente ma per rendere l'idea, di "tropicalizzazione del clima"

Teniamo conto che le piogge "intense" non sono molto utili, anzi si può dire che sono quasi sempre dannose perchè producono le alluvioni e le frane. Basterà ricordare le alluvioni del novembre dell'anno scorso di Genova e delle Cinqueterre per avere un'idea (chi ne volesse sapere di più, su questi eventi, può leggere qui). Quindi, se deve piovere, bisogna anche piova "bene". Cioè, poco e molto spesso. E non di rado e molto, le poche volte che piove...

Per farla breve, esistono oramai due certezze: stanno aumentando le temperature e stanno calando le piogge, almeno quelle estive. E la concomitanza di queste due certezze ha un impatto terribile sulla "risorsa idrica". L'impatto negativo principale è che c'è meno acqua sui fiumi, le portate sono basse, prossime o talvolta inferiori a quello che in gergo si chiama "deflusso minimo vitale o DMV". Cioè l'acqua minima che deve essere lasciata sugli alvei affinchè, ad esempio, non muoiano i pesci, continui a prosperare un minimo di vegetazione dell'ecosistema fluviale ecc...

Al contrario, i prelievi di acqua dai fiumi o rimangono sempre gli stessi o addirittura crescono. Perchè i bacini idrografici sono fortemente antropizzati (pensiamo al Bacino del Po), in essi ci vivono un sacco di persone, al loro interno si svolgono innumerevoli  attività umane nei vari settori (industriale, agricolo, agro-alimentare, idropotabile, turismo...) dove l'acqua è una risorsa necessaria.

E allora, quando l'acqua ce n'è di meno, nascono le crisi idriche (nel 2006, nel 2007, e adesso nel 2012). E, quando ci sono le crisi idriche si installano le "cabine di regia", che devono o dovrebbero gestire queste crisi.

Cioè far "quadrare" i "cerchi".

In sostanza, sempre più spesso, la nostra Società Opulenta, che ha nella Crescita e nello Sviluppo Economico i suoi "credo" indiscussi, i suoi assiomi portanti, si trova di fronte una natura "maligna", che lesina le risorse che l'uomo vorace di oggi pretende. Sempre. Sempre. Sempre.

Ma, come dice il proverbio, "le nozze con i fichi secchi" non vengono bene, e vengono anche molto peggio quando non si è assolutamente preparati a far fronte a questi problemi. 

Se il clima sta cambiando, questi eventi accadono e accadranno più spesso. E allora uno penserebbe che un Paese serio debba avere una politica di "adattamento" a questi impatti dei cambiamenti climatici. Che permetta di non affrontare questi problemi sempre più ricorrenti con la vecchia metodologia dell'arrangiarsi, tanto cara  a noi italiani, popolo di  poeti e di artisti. Ma, evidentemente, scarso di razionalità.

E invece, in Italia, una politica di "adattamento" non c'è. Se ne sta iniziando a parlare adesso, quando in altri paesi europei stanno già iniziando a "operare" concretamente...

Purtroppo per noi, con l'arte di "arrangiarsi" non si riesce a fare sempre tutto. Talvolta questa tecnica non basta. Perchè le "scelte" programmatorie da mettere in campo, siano esse azioni "hard" o azioni "soft", costano. E non pagano, evidentemente, mi verrebbe da dire...elettoralmente parlando.

Ad esempio, forse, bisognerebbe cominciare a pensare ad un'agricoltura meno idro-esigente, modificando qualche tipologia di coltivazione o magari qualche sistema di uso dell'acqua per l'irrigazione. Bisognerebbe parlare di efficientamento dei sistemi di distribuzione per minimizzare le perdite, spesso ingenti.

Ma forse bisognerebbe anche iniziare a riflettere se il nostro attuale Modello di Sviluppo è compatibile con lo Stato Fisico dell'Ambiente che, come visto, non è immutabile, ma altamente variabile. Talvolta, quando cerco di spiegare queste questioni anche nelle scuole, faccio l'esempio dell'ingegnere che deve costruire una casa su un terreno in perenne movimento, perchè ci sono frequenti frane, spesso terremoti, infiltrazioni d'acqua. E' evidente che costruire in queste condizioni è difficile. E costruire "molto" sarebbe addirittura impossibile.

Forse abbiamo spinto troppo in avanti le nostre richieste alla Natura ?
Forse dovremmo iniziare a darci, tutti, una regolata ?

Di questo, nel nostro Paese, non se ne parla. O non se ne parla come se ne dovrebbe.

In compenso leggiamo tutti i santi giorni, ipocritamente, di catastrofi annunciate, causate dalla scarsa prevenzione, dalla nulla pianificazione. Adesso bisogna solo parlare di...Spread. E quindi di Crescita necessaria, di Sviluppo necessario, per diminuire lo Spread. E quindi bisogna continuare a "spremere" di più il Mondo, per poter correre di più. Perchè, chi rallenta è... perduto.

Che poi il mondo, la Natura, possa non essere più in grado di continuare a stare dietro a questa "demenziale" pretesa, sembra essere un tema non rilevante, visto che sta fuori dal dibattito, fuori dalla "politica".

Fuori dai "giochi" dei pochissimi grandi, che se ne fregano dei moltissimi piccoli che vivono su questa Terra. Perchè tanto loro, i pochissimi grandi, l'acqua ad esempio ce l'avranno sempre, e di ottima qualità. E se moriranno di sete qualche centinaio di milioni di persone per le carenze idriche, anche indotte dai cambiamenti climatici, va bè, alla fine sarà peggio per loro.

Non può andare così. No.
Svegliamoci, ragazzi. Svegliamoci.

Carlo.

martedì 14 agosto 2012

C'è di mezzo il mare


Anche quest’anno, finalmente, è arrivato il momento della partenza. 

In realtà ormai lo sai. Le ferie sono un miraggio, tanto ambito quanto destinato a trascorrere troppo velocemente, oppure  a tradire, inesorabilmente, le attese. 

Eppure, anche quest’anno, con l’aria di crisi che si respira palpabilmente, non puoi fare a meno di pensare che è arrivato il tuo turno di staccare dall’ingranaggio.

Partenza intelligente. Non è facile. Siamo tutti troppo intelligenti ormai. Trovare l’orario giusto è come risolvere il più difficile dei rebus.  Così tanto vale mettere in conto la tua coda ed accettare l’inevitabile.
 
Finalmente raggiungi la tua mèta. Guardi il tuo nuovo alloggio. Chissà perché, appena lo vedi, sembra sempre così diverso dalla foto che avevi visto su internet, e la tua casa ti torna alla mente come un luogo ampio e pieno di confort. Ma la vacanza deve essere in un posto spartano: è questo che la rende così ambita, c’è un maggior contatto con la natura e molti dei tuoi elettrodomestici, dopo un po’, sembrano molto meno necessari di quanto non ti sembrino nella quotidianità.
 
Sfasci i bagagli. Provi a trovare il posto per la quantità industriale di magliette che hai portato. Forse hai esagerato, ma non è facile intuire quante cose ti saranno necessarie fino a che non lo sperimenti. Così metti tutto dentro l’armadio, qualcosa la ritroverai solo il giorno della partenza, ma alla fine tutto sembra nuovamente al suo posto. Un nuovo equilibrio.
 
Respiri l’odore dell’aria di mare, piuttosto diversa dall’odore che senti quando esci da casa tua in città. E già questo ti fa stare bene. 

E’ vero, stare in mezzo alla natura sembra sollecitare parti di te rimaste nell’ombra, nascoste da chissà quanto. Eppure rilassarsi non è così semplice.  Chi ha bimbi piccoli fatica ancora di più. Si sentono pianti ed urla: "ti ho detto che in vacanza non devi scappare come fai sempre, hai capitoooo?", o "ti ho detto che in vacanza, quando non c’è tuo padre, mi devi ascoltare il doppiooo!", o ancora “-Stai calmo- al papà non lo dici, ci siamo intesiii?”

Insomma i problemi del quotidiano traslati in un altro contesto tanto da rendere lo stesso quasi una variabile non significativa sulle relazioni. Ci vuole più tempo per staccare e non tutte le dinamiche sono destinate a migliorare…

Prepari la borsa da mare e la borsa per i tuoi figli. Stracolme entrambe di costumi di ricambio, asciugamani, creme di diversa protezione, libri da leggere, acqua, pinne, maschera, occhialini, racchettoni, carte da gioco.  Così un po’ appesantita ti avvii verso la spiaggia.

Ahh… finalmente. Che bello ! 

Se il mare ha un colore che ti piace, parte del tuo stress decide di lasciarti. Vedere la natura incontaminata è un piacere ancestrale, che stiamo perdendo. Ti congratuli con te stesso per la scelta. Se invece il mare è più simile ad un fiume fangoso, pensi che anche quest’anno di bagni ne farai pochi e frequenterai prevalentemente la piscina.
 
Ti stendi sulla sdraio, ti rilassi, fai per chiudere gli occhi e senti: "Signora, braccialetti, orecchini, no caro, no caro?". Ti alzi. Vedi il ragazzo indiano pieno di borse e bigiotteria e rispondi "no grazie, non mi servono". Lui insiste un po’, anche tu controinsisti. E vi salutate. Lo vedi allontanarsi. Pensi che non deve essere facile, con questo caldo, camminare completamente vestito e pieno di pesi. 

Questo ti fa sentire un po’ in colpa. Ma ti risdrai. Passano dieci minuti e senti una nuova voce: "asciugamani, belli, poco prezzo". Riapri gli occhi. Questa volta il ragazzo è africano. Stracolmo di asciugamani in entrambe le spalle. "Grazie no". Fai il gesto di no con la mano. Il ragazzo non insiste e si allontana. 

Ti guardi attorno. Molte persone non rispondono neanche. C’è chi comincia ad innervosirsi. "In certe spiagge non li fanno entrare, non potrebbero". C’è  chi tratta al ribasso inverosimile: "non sono originali, non ti do più di 5 euro per questi occhiali", "no, io pagato 25 euro"

Pensi che la vacanza sarà minata da questo bagno di realtà. Tu sei lì sulla spiaggia, in costume, a prendere il sole, attraversata da un flusso di persone provenienti dai paesi più poveri del mondo che ti ricordano che il mondo è diviso in due e che a te è andata bene. 

Invece dopo qualche giorno, ti abitui. Impari a pensare che sia inevitabile ed inesorabile. Questo flusso è troppo grande e complesso perché il singolo individuo possa fare qualcosa. Come molte volte, anche in questo caso, sembra che la responsabilità sia troppo complessa da individuare e non ti resta che seguire l’onda.

Fino a che, un giorno, succede l’imprevisto che ti riscuote nuovamente. 

A fianco a te. una coppia italiana con due bimbi di colore (sudamericani) adottati. Parlano piuttosto bene l’italiano, la loro lingua madre è lo spagnolo del resto. 

Ecco passare di nuovo il ragazzo africano con gli asciugamani. Si avvicina ad uno dei due bimbi, forse per salutarlo. Il bimbo abbassa lo sguardo, fa no con la piccola mano e dice "non ci serve niente, grazie". Il ragazzo africano è sconcertato, lo guarda e gli dice "ma cosa dici fratello?". Attimi di silenzio imbarazzante. Poi il ragazzo si allontana. 

Tutti restiamo con interrogativi più profondi in testa. Quando senti che gli altri siamo noi, non si riescono più a dissociare le emozioni così facilmente. 

Fai un respiro profondo e riprendi a guardare il mare...

Silvia.

Tra il dire e il fare



Analisi, sempre analisi.

Studiare, capire, comprendere. 

Leggere i fatti, interpretarli, metterli in fila. Collegarli.

Poi leggere i commenti degli altri sugli stessi fatti, e i commenti dei commenti.

E aggiungere i nostri commenti in attesa di un nuovo commento.

Un lavoro faticoso, difficile, senza fine.

Il web rende tutto più veloce e riflette i segnali come in una stanza con le pareti a specchio. Ci mette a disposizione, senza sforzo, tutte le analisi dei migliori analisti del mondo e ci consente di immettere nel flusso anche le nostre analisi.

Così passiamo il nostro tempo ( libero ? ) a cercare di capire e a dire agli altri cosa abbiamo capito.

Ecco ora abbiamo capito, ora sappiamo, ora abbiamo analizzato abbastanza.

Abbiamo messo a fuoco gli errori, le cose da cambiare, le cose che non vanno.

Ma la nostra vita rimane sempre la stessa e il tempo passa.

Non riusciamo a fare, non riusciamo a costruire.

Riusciamo solo a dire.

E tra il dire e il fare c'è di mezzo un mare sempre più grande e profondo.

Un oceano infinito.

E quanto più capiamo tanto meno facciamo.

L'eccesso di informazione e di comprensione, l'eccesso di analisi, anzichè alimentare un desiderio alla azione, alla reazione, al cambiamento costruttivo e, perchè no, anche alla lotta, ci conduce invece in uno stato di dipendenza sempre maggiore dalla informazione, dal maggior approfondimento, dal maggior dettaglio.

Non sappiamo mai abbastanza per poter iniziare a fare qualcosa.

Non sappiamo mai abbastanza per iniziare a costruire qualcosa di nuovo nelle nostre vite di relazione, nella nostra vita sociale.

Così viviamo come il sistema vuole che viviamo, senza protestare.

Svolgiamo ogni giorno il nostro ruolo di agenti economici rispettando le regole che altri hanno progettato per noi e che a noi non vanno più bene e che ora sappiamo anche perchè non vanno bene.

Forse è arrivato il momento di fare uno scatto: spegnere il computer, prendere in mano la cazzuola e i mattoni e, assieme a qualche altro amico, iniziare a costruire una nuova casa comune definendo il progetto mano a mano che, con pazienza e fatica, si tira su la prima parete.

Amici, voi che dite ?
 
Sandro.


domenica 12 agosto 2012

La verità (scientifica) ci rende liberi


Questo brevissimo post solo per suggerire, caldamente, di leggere (e studiare) Goofynomics ovvero il blog del prof. Alberto Bagnai !

Partendo da qui.

La verità (scientifica) ci rende liberi e ci spiega - finalmente - perchè ci troviamo in mezzo alla crisi.

Grazie Goofy !