sabato 25 maggio 2013

Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia


Leggo dal sito milano.repubblica.it 


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Da un lato i giudici d'appello del caso Mediaset scrivono che proprio lui, Silvio Berlusconi, è stato uno dei "responsabili di vertice di tale illecita complessa operazione", un sistema che ha portato avanti per anni, anche da premier, con la gestione di una "enorme evasione fiscale". Dall'altro la Cassazione mette nero su bianco che la richiesta di trasferire a Brescia i processi Mediaset e Ruby è stata ispirata da "strumentali esigenze dilatorie" e attuata muovendo "accuse infamanti" alle toghe di Milano. Un micidiale uno-due che Berlusconi commenta facendo però riferimento alla sola sentenza di Milano: "Motivazioni surreali".

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Mi sembra molto interessante il fatto che il processo di “abituazione” a simili notizie abbia innescato nella maggior parte di noi reazioni di apatia, indifferenza e incapacità di credere al valore delle parole che ci vengono dette. 

Non c’è reato che tenga. Ogni volta c’è una parte politica supportata da parte dell’opinione pubblica, giornalisti, reti televisive, che inneggia al complotto della magistratura. Quello che i giudizi dicono e fanno è un’azione politica e non giudiziaria, l’illecito non c’è,  si tratta di una persecuzione.
 
Il reato sembra perdere d’importanza, anche quando escono parole come mafia e corruzione, figuriamoci quando si parla "solo" di evasione fiscale e induzione alla prostituzione.
 
Niente è più certo. Anche quando sembra certo. Chiaro. Inconfutabile.

Eppure non è così per tutti.
 
Mi racconta Serena, un’amica che fa il funzionario in un ufficio di un piccolo comune: 

“Sono proprio depressa, non riesco più a fare il mio mestiere. Mi impongono di applicare le leggi rigidamente anche quando questa applicazione rigida contrasta obiettivamente il buon senso e crea un’ingiustizia. 

Sono in difficoltà con una persona che conosciamo bene, e che versa da anni in una situazione economicamente molto difficile e lo stiamo supportando da un po’. 

Ha fatto domanda per iscriversi nelle graduatorie per avere un alloggio popolare. Doveva però allegare anche la dichiarazione ISEE. Bene, lui l’ha fatto ed ha dichiarato zero. Per noi tutto regolare. Lo conosciamo, sappiamo che le cose stanno effettivamente così, ma la legge ci impone in caso di dichiarazione zero di fare dei controlli. 

Ci mettiamo a controllare, ma solo per adempiere alla formalità, certi del risultato, e vediamo che risultavano 158 euro guadagnate lo scorso anno. Chissà magari ha fatto un piccolo lavoretto in qualche struttura comunale, forse al cimitero, un lavoro su chiamata. 

Io sono sicura che si è dimenticato di mettere questa cifra… ma la legge mi impone di denunciarlo per avere omesso un reddito e di conseguenza perde la possibilità di essere inserito nella graduatoria per avere la casa. 

Ho provato a fare valere le mie idee, e a dire che il mio ruolo deve essere anche quello di valutare le situazioni. Come posso equipararlo a chi evade 15.000 euro ? 

Ma non c’è stato niente da fare. Mi hanno detto che devo applicare la legge senza fare questo tipo di considerazioni…”. 

Serena mi guarda con aria attonita.

Le cose non funzionano più. 

Da una parte una applicazione rigida e rigorosa con maglie strettissime che non ammettono neanche una leggera dimenticanza con i più deboli e che può consentire anche di falsare il principio di realtà che dice: quella persona ha veramente bisogno

Dall’altra parte una applicazione a maglie larghe, difficile da attuare, sempre controvertibile, con tutti i toni del possibile, in grado di falsare il principio di realtà che dice: quella persona è colpevole.

Non è un concetto nuovo. La storia ce l’ha già raccontato tante volte.
 
Passano i secoli ma sembra sempre lo stesso giorno raccontato dal quell’autore che ora non è più così in voga ma che ha accompagnato gli studi adolescenziali di tanti di noi, Alessandro Manzoni, nell’incontro tra Renzo e l’Avvocato Azzecca-garbugli. 

Ve lo riporto di seguito anche se immagino che molti di voi se lo ricordano ancora molto bene.
 
(da I promessi sposi – capitolo III)

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(…) Chiuse l'uscio, e fece animo al giovine, con queste parole: 
- Figliuolo, ditemi il vostro caso.
 
- (…) Mi scusi, signor dottore. Vorrei sapere se, a minacciare un curato, perché non faccia un matrimonio, c'è penale.
 
« Ho capito », disse tra sé il dottore, che in verità non aveva capito. « Ho capito ». (…)
 
- Caso serio, figliuolo; caso contemplato. Avete fatto bene a venir da me. E' un caso chiaro, contemplato in cento gride, e... appunto, in una dell'anno scorso, dell'attuale signor governatore. Ora vi fo vedere, e toccar con mano.
Così dicendo, s'alzò dal suo seggiolone, e cacciò le mani in quel caos di carte, rimescolandole dal sotto in su, come se mettesse grano in uno staio.
 
- (…) è una grida d'importanza. Ah! ecco, ecco -. La prese, la spiegò, guardò alla data, e, fatto un viso ancor più serio, esclamò: - il 15 d'ottobre 1627! Sicuro; è dell'anno passato: grida fresca; son quelle che fanno più paura. Sapete leggere, figliuolo?
 
- Un pochino, signor dottore.
 
- Bene, venitemi dietro con l'occhio, e vedrete. (…)
 
- Se bene, per la grida pubblicata d'ordine del signor Duca di Feria ai 14 di dicembre 1620, et confirmata dall'lllustriss. et Eccellentiss. Signore il Signor Gonzalo Fernandez de Cordova, eccetera (…).  E cominciando dagli atti tirannici, mostrando l'esperienza che molti, così nelle Città, come nelle Ville... sentite? di questo Stato, con tirannide esercitano concussioni et opprimono i più deboli in varii modi, come in operare che si facciano contratti violenti di compre, d'affitti... eccetera: dove sei? ah! ecco; sentite: che seguano o non seguano matrimonii. Eh?
 
- E' il mio caso, - disse Renzo.
 
- Sentite, sentite, c'è ben altro; e poi vedremo la pena. Si testifichi, o non si testifichi; che uno si parta dal luogo dove abita, eccetera; che quello paghi un debito; quell'altro non lo molesti, quello vada al suo molino: tutto questo non ha che far con noi. Ah ci siamo: quel prete non faccia quello che è obbligato per l'uficio suo, o faccia cose che non gli toccano. Eh?
 
- Pare che abbian fatta la grida apposta per me.
 
- Eh? non è vero? sentite, sentite: et altre simili violenze, quali seguono da feudatarii, nobili, mediocri, vili, et plebei. Non se ne scappa: ci son tutti: è come la valle di Giosafat. Sentite ora la pena. Tutte queste et altre simili male attioni, benché siano proibite, nondimeno, convenendo metter mano a maggior rigore, S. E., per la presente, non derogando, eccetera, ordina e comanda che contra li contravventori in qualsivoglia dei suddetti capi, o altro simile, si proceda da tutti li giudici ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera, e fino alla morte... (…). E questo ir-re-mis-si-bil-mente e con ogni rigore, eccetera. Ce n'è della roba, eh?
 
- (…) Se volete ch'io v'aiuti (…) dovete nominarmi la persona da cui avete avuto il mandato: sarà naturalmente persona di riguardo; e, in questo caso, io anderò da lui, a fare un atto di dovere. Non gli dirò, vedete, ch'io sappia da voi, che v'ha mandato lui: fidatevi. Gli dirò che vengo ad implorar la sua protezione, per un povero giovine calunniato. E con lui prenderò i concerti opportuni, per finir l'affare lodevolmente. Capite bene che, salvando sé, salverà anche voi. 

Se poi la scappata fosse tutta vostra, via, non mi ritiro: ho cavato altri da peggio imbrogli... Purché non abbiate offeso persona di riguardo, intendiamoci, m'impegno a togliervi d'impiccio: con un po' di spesa, intendiamoci. Dovete dirmi chi sia l'offeso, come si dice: e, secondo la condizione, la qualità e l'umore dell'amico, si vedrà se convenga più di tenerlo a segno con le protezioni, o trovar qualche modo d'attaccarlo noi in criminale, e mettergli una pulce nell'orecchio; perché, vedete, a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente.(…). D'ogni intrigo si può uscire; ma ci vuole un uomo (…).
 
- Quando (Renzo) ebbe però capito bene cosa il dottore volesse dire, e quale equivoco avesse preso, gli troncò il nastro in bocca, dicendo: - oh! signor dottore, come l'ha intesa? l'è proprio tutta al rovescio. Io non ho minacciato nessuno; io non fo di queste cose, io: e domandi pure a tutto il mio comune, che sentirà che non ho mai avuto che fare con la giustizia. La bricconeria l'hanno fatta a me; e vengo da lei per sapere come ho da fare per ottener giustizia; e son ben contento d'aver visto quella grida.
 
- Diavolo! - esclamò il dottore, spalancando gli occhi. - Che pasticci mi fate? Tant'è; siete tutti così: possibile che non sappiate dirle chiare le cose?
 
- Ma mi scusi; lei non m'ha dato tempo: ora le racconterò la cosa, com'è. Sappia dunque ch'io dovevo sposare (…) oggi una giovine, alla quale discorrevo, fin da quest'estate; e oggi, come le dico, era il giorno stabilito col signor curato, e s'era disposto ogni cosa. Ecco che il signor curato comincia a cavar fuori certe scuse... basta, per non tediarla, io l'ho fatto parlar chiaro, com'era giusto; e lui m'ha confessato che gli era stato proibito, pena la vita, di far questo matrimonio. Quel prepotente di don Rodrigo...
 
- (…) eh via! Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? Fate di questi discorsi tra voi altri, che non sapete misurar le parole; e non venite a farli con un galantuomo che sa quanto valgono. Andate, andate; non sapete quel che vi dite: io non m'impiccio con ragazzi; non voglio sentir discorsi di questa sorte, discorsi in aria.
 
- Le giuro...
 
- Andate, vi dico: che volete ch'io faccia de' vostri giuramenti? Io non c'entro: me ne lavo le mani -. E se le andava stropicciando, come se le lavasse davvero. - Imparate a parlare: non si viene a sorprender così un galantuomo.
 
- Ma senta, ma senta, - ripeteva indarno Renzo: il dottore, sempre gridando, lo spingeva con le mani verso l'uscio; e, quando ve l'ebbe cacciato, aprì, chiamò la serva, e le disse: - restituite subito a quest'uomo quello che ha portato: io non voglio niente, non voglio niente.
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Come dire: niente di nuovo sotto il sole….

Silvia.

lunedì 6 maggio 2013

La rinascita della sinistra: realtà o utopia ?


Questa scena del film "la meglio gioventù" (il riferimento a questo post inizia al minuto 3,35, per l'esattezza) di Marco Tullio Giordana, che invito a riguardare essendo senza dubbio uno dei più bei film italiani degli ultimi anni, a mio parere illustra bene la crisi della "sinistra" italiana, che non sembra più in grado di trovare delle risposte e proporre delle concrete alternative al dilagare dello strapotere di questo neoliberismo senza freni. Dove il "mercato globale"  e soprattutto la "finanza senza freni" azzerano ogni valore etico, dettano le regole agli Stati stabilendo quali sono quelli che possono o devono fallire, quali industrie devono chiudere lasciando a casa tantissimi lavoratori e trascinando nella disperazione migliaia di famiglie. E' questo imperante concetto di Crescita senza limiti e spesso senza regole che toglie, di fatto, il valore al "lavoro", che è da sempre il cardine su cui si sono basate le civiltà nella storia, frustrando le speranze di tanti giovani seri, capaci e preparati che non riescono a trovare spazi di lavoro. Al contrario invece alimenta le fortune di avventurieri senza scrupoli che si arricchiscono muovendosi nei meandri del mondo virtuale della finanza, dei titoli "drogati", senza provare il benché minimo imbarazzo per gli impatti che le speculazioni finanziarie producono sui cittadini.

Guardiamo bene questa scena. Si vedono tre giovani uomini, il protagonista principale del film, Nicola Carati (impersonato dall'attore Luigi lo Cascio) e due suoi amici da tanti anni, Carlo e Vitale, esponenti (da giovani) della sinistra extra-parlamentare, attiva negli anni '70. Vitale, l'amico siciliano, è l'operaio, quello che non ha studiato, che racconta ai due amici di essere stato messo in cassa integrazione dalla FIAT.  Nicola è l'eroe positivo della storia, lo studente di medicina, il giusto, che lotta per migliorare il mondo con le armi dell'onestà e della competenza. Con i suoi ideali e il suo impegno però, purtroppo, è stato incapace di aiutare le persone che ama di più: la moglie lo lascia e diventa una terrorista delle BR, e soprattutto suo fratello, Matteo, addirittura si toglie la vita per una manifesta incapacità di vivere. Luigi vive quindi un doppio dramma, personale e politico: la sua voglia di migliorare il mondo, aiutare le persone, non gli è sufficiente per contrastare le negatività della vita. A cosa servono le sue buone idee se non riesce ad alleviare le pene neanche delle persone a lui più care ?

Il terzo della scena è Carlo, il più intellettuale di tutti, anche lui, come detto, con un passato di sinistra extra-parlamentare e che adesso è divenuto un perfetto borghese e ha rivisto parecchio le sue posizioni, anche se manifesta in certi atteggiamenti ancora una forte malinconia per quel suo passato caratterizzato da una grande voglia di cambiamento, che ora gli appare solo un ricordo. Lavora in Banca d'Italia, ha un posto importante e che diverrà anche più importante negli anni successivi, e comincia a rendersi conto, amaramente, che il mondo sta transitando verso una deriva neo-liberista, con il mercato che si sta facendo sempre più "globale" e che ha come unica regola il "profitto", piuttosto che il rispetto per il lavoro delle persone. 

Siamo all'inizio degli anni '80, la svolta della Bolognina che sancì la fine del PCI non era ancora giunta, e già le prime avvisaglie che il mondo stava modificandosi erano già arrivate, con la conseguente crisi del mondo del lavoro che si sarebbe acuita durante gli anni '90 e in quelli successivi. Già in quegli anni si iniziava a parlare di mercato globale, e nella scena Carlo ne fa esplicito riferimento, che metterà in crisi la vecchia industria che sopravviverà fino a metà degli anni '80 per poi iniziare a sfaldarsi nei decenni successivi (vedi qui per un approfondimento). Si legge, nel documento della Banca d'Italia a cui si fa riferimento: "... nel corso degli  anni ’90 il mondo è mutato in modo radicale, si sosteneva, sia nelle tecnologie dominanti sia nell’estensione dei mercati; il nostro sistema produttivo, dominato da imprese piccole, statiche, tradizionali e familiari, si era adattato a sopravvivere nel vecchio mondo degli anni ’70 e ’80 proprio grazie a quelle caratteristiche, ma ora incontra crescenti difficoltà a reggere la competizione in un contesto digitalizzato e globalizzato, in cui grande dimensione, complessità, capacità innovativa sono essenziali per sfruttare i guadagni di efficienza offerti dalle nuove tecnologie e affermarsi su mercati lontani ".

Nella scena, quando l'operaio Vitale informa gli amici che la FIAT lo sta per licenziare, ottiene da loro, sostanzialmente, due incomprensioni. Il protagonista del film, l'idealista Nicola, si ribella contro questa ingiustizia, non si spiega, lui così progressista, bempensante, coma possa accadere una cosa del genere. Però, nel concreto non ha risposte da dare all'amico, in realtà non sa proprio cosa dire e allora si rivolge all'amico "Intellettuale", a Carlo, il futuro "potente", quello che lavora con i banchieri, e gli chiede cosa si può fare per risolvere il problema del comune amico operaio. Ma Carlo appare addirittura quasi infastidito dall'incalzare di Nicola. E con fare distaccato, imbarazzato, spiega che la FIAT è in perdita, non regge ai nuovi mercati, e gli operai non possono fare nulla per modificare questo trend. In sostanza non si "arrabbia", come avrebbe fatto da giovane, vedendo quell'ingiustizia che sta di fronte ai suoi occhi, ma al contrario cerca delle giustificazioni "alte", parla di economia e di mercato globale, di nuovi processi industriali calati sulle teste dei lavoratori impotenti, che rendono quasi... giustificabile quella scelta della FIAT. C'è imbarazzo palese nel suo comportamento; Carlo si rende conto di non aver dato alcuna risposta giusta al suo amico operaio, che forse si aspetterebbe di più da lui, dall'intellettuale amico ex-comunista, che da giovane si riempiva la bocca con i concetti di giustizia, di lavoro...Ma oltre all'imbarazzo non manifesta altri sentimenti nè osa dare altri suggerimenti. La perdita del lavoro è una conseguenza inevitabile della modifica della società. Voluta da pochi uomini contro moltissimi altri uomini. Carlo queste cose le sa, ma lo stesso tace.

In sostanza emerge un quadro abbastanza desolante. 

Nella sinistra "tradizionale" da una parte ci sono i "concreti", i "professionisti" dell'economia e della politica, venuti su da giovani con il sacro fuoco degli ideali marxisti, e che hanno capito (e/o deciso di accettare) che è una gara persa combattere contro questo mondo globalizzato, dove regna il finanz-capitalismo che usa le persone come strumenti. E quindi hanno deciso di accettare questo dato di fatto tentando, al massimo, di inserire qualche pillola di saggezza (mi verrebbe da dire, di sinistra) all'interno delle dinamiche del "profitto", per alleviare le tribolazioni delle classi sociali più basse. E' il massimo che possono fare per non rinnegare il loro passato di "sinistra", dopo tutto.

Dall'altra parte ci sono invece gli idealisti, i "puri", quelli che sognano un mondo "giusto", dove il mercato non può essere l'unico "driver" della società, e sognano ancora una terra con più eguaglianza, con meno poveri e con uno "spread" tra le classi sociali meno ampio. Purtroppo per loro però non sanno assolutamente come fare. In diversi anni di "revisionismo" non hanno saputo produrre un progetto di politica economica concreto, alternativo al neoliberismo. Ci hanno provato ?  Forse si, ci avranno anche provato, ma la società sempre più opulenta li ha impigriti, imborghesiti, e ha annacquato le loro idee di cambiamento, facendoli annegare in un benessere di facciata che non ha  però azzerato il loro senso di colpa. In sostanza, si compiangono. Sono delle bravissime persone ma rappresentano un passato che non potrà esistere più. 

In mezzo a questi due "fronti" contrapposti esiste una marea di sfaccettature o interpretazioni diverse all'interno delle quali naviga il moderno e disorientato uomo "di sinistra". Ma queste modalità diverse di interpretare la moderna sinistra non hanno (o hanno avuto fino ad oggi) alcun ruolo positivo, al contrario sono solo servite a far crescere la confusione e le divisioni (laceranti) interne. 

Forse è tempo che si dia il via ad una riflessione profonda, interna alla sinistra, iniziando una fase di studio dalla quale possa nascere una nuova idea di società, di economia, per la quale vivere e combattere. Con delle "ricette" concrete di politica economica, però, con delle strategie chiare di politica internazionale, che rilancino anche la dignità del nostro essere "italiani" creativi nel palcoscenico europeo, dove da troppi anni siamo più o meno considerati come dei "mezzi" cittadini, per non dire di peggio.

A mio avviso, per far rinascere queste nuove idee, questa "nuova sinistra", non serve la ribellione cieca, non serve la rivoluzione dissennata che produrrebbe una nuova era della tensione, analoga o peggiore di quella degli anni '70. Serve, al contrario, una rivalutazione della forza della ragione, che ci permetta di coniugare la modernità del mercato globale con la dignità degli uomini, che non può essere mai e in alcun modo calpestata. 

Io credo che sia necessario provarci, ma ci vorrà una grande pazienza e dedizione, che devono però essere sempre sostenute da un forte ideale di giustizia, che deve rimanere sempre acceso, qualunque sia lo schema di economia o di società che si vorrà proporre.
Di nuovo il sogno che alimenta le idee. E' un concetto già espresso, ma bisogna ribadirlo e convincersi che l'utopia può anche diventare realtà, a volte, se lo si vuole. La realtà di una "Nuova Sinistra" che sappia rinascere, forte e vigorosa, dalle ceneri in cui si trova adesso.


Carlo