giovedì 12 dicembre 2013

Stranieri si diventa


Come sempre sono di corsa. 

Entro al volo nel negozietto di alimentari sotto casa (quello che ha di tutto). Ormai da circa sei/sette anni è gestito da ragazzi pakistani.

Prima c’erano una coppia di anziani bolognesi che probabilmente lo gestivano già da almeno una ventina d’anni. A Natale potevo ordinare i tortellini, perché li faceva direttamente la proprietaria, con il risentimento del marito che sosteneva che lei metteva troppo prosciutto crudo, di quello buono…

Nessuno voleva acquistare il negozio, poi ad un certo punto ci hanno detto che erano riusciti a vendere ad un gruppo di ragazzi pakistani.

Che strano… moltissimi negozi di alimentari della città sono rilevati (forse) e sicuramente gestiti da persone pakistane. Come mai ? C’è qualche autorità che sta indagando che tutto sia regolare? Sono domande che uno si pone ma alle quali non sa dare risposta. Pensi e ti auguri di sì e cerchi di comprendere e di assimilare il cambiamento.
 
All’inizio c’era molta diffidenza nella clientela, ma i nuovi ragazzi , sorella e fratello,  avevano un atteggiamento molto accogliente. Lui parlava anche in dialetto bolognese, così il cambiamento era stato nel tempo facilmente digerito.

Dopo circa due, tre anni ecco un nuovo improvviso cambiamento. I due fratelli spariscono (dicono che lui è andato a lavorare in fabbrica) e sono sostituiti da altri ragazzi, Questa volta più chiusi. In particolare uno dei due ha uno sguardo scuro e parla a monosillabi anche se è bravissimo e comprende piuttosto bene l’italiano.

Progressivamente arrivano altri ragazzi. All’inizio l’italiano è stentato, per cui devi pronunciare lentamente (prosciuuuuttoooo cooottooo) – capiranno davvero meglio così ? - e indicare con i gesti. Poi anche per loro l’italiano diventa più familiare. Un terzo ragazzo è enorme, incute un po’ di soggezione. Invece è molto sorridente e accogliente.

Ogni tanto faccio qualche domanda per capire, per conoscere. “Tornate mai in Pakistan?” “Quanto dura il viaggio” “Che tempo fa da voi ora?”. Mi sembrano frasi di almeno apparente contatto ed umanità con persone che sono distanti dai loro familiari: così sembra di essere un po’ meno estranei gli uni agli altri.
 
Due mesi fa il nuovo cambiamento. “Non vedo più tuo fratello..”. “Ha aperto un nuovo negozio in un altro quartiere”.  Anche lui via quindi…. Avvicendamenti rapidi e continui di un mondo in costante trasformazione.

Entro di corsa appunto e dentro il negozio ci sono già due clienti: un uomo di mezza età e una donna più anziana. Stanno facendo una strana alleanza verbale contro il ragazzo pakistano.
 
“Che lingua parlate voi? Arabo?”.
“No parliamo urdu una lingua come indiano”.
“Ah indiano ? Allora vi va bene perché i cinesi e gli indiani diventeranno i più ricchi del mondo...”.

L’uomo guarda il  ragazzo pakistano, la signora e poi me a cercare consenso.
La signora replica  “eccome se gli va bene a loro ! non vedi che aprono sempre nuovi negozi”. L’uomo: “sì tra un po’ ce ne dobbiamo andare via noi… vero? Noi gli facciamo fare tutto qui… invece se noi andiamo da loro ci  tagliano la gola”. Ridono.

Non resisto, guardo il ragazzo pakistano e gli faccio l’occhiolino come per dire “non badarli è uno scherzo…”. Ma non mi sento bene.

Per fortuna escono. Mi rilasso.
Lo guardo, mi fa il solito sorriso come a dire “va tutto bene”.

Ma sento che qualcosa non va bene.
Anche se non mi è chiaro a partire da quale punto della storia delle migrazioni mi perdo.
Anche se non  mi è chiaro perché di fronte ad uno “straniero” scattano così facilmente tante ostilità, tanto sarcasmo, tanti facili pregiudizi.

Faccio la spesa e ci salutiamo con il nostro consueto “ciao”.

Penso a  mio figlio di 11 anni e ai suoi compagni di classe, sempre classi miste e al fatto che non li ho mai sentiti deridere un compagno per il colore della pelle. Il futuro si è già abituato alla novità.
 
I nostri stereotipi, i nostri pregiudizi derivano da fattori culturali appresi e dal fatto che il nostro sistema di riferimento mentale è sprovvisto di ancoraggi, perché è cresciuto in assenza di queste differenze. E’ come se, una volta cresciuti,  non le sapessimo più cogliere e integrare.
 
Ce lo  dimostrano i recenti studi sulle neuroscienze riportate da Eva Perasso sul Corriere salute del 19 ottobre  2012.

“Non nasciamo razzisti, né lo diventiamo nei nostri primi anni di vita. Anzi, da piccoli, davanti a persone dal colore della pelle diverso dal nostro, non abbiamo alcun sussulto, emozionale o razionale, e tantomeno avvertiamo paura, timore, rabbia o aggressività. A dimostrare che il razzismo non è nella nostra natura infantile, ha lavorato un team di ricercatori in neuroscienze della University of California, sede di Los Angeles: come è accaduto in passato per studi di questo genere, ha usato lo strumento della risonanza magnetica per verificare quali cambiamenti intervenivano nell’area cerebrale di chi si è sottoposto al test. Questa ricerca si inserisce nel dibattito, molto acceso e datato, sulle origini del razzismo che negli anni ha visto confrontarsi almeno due teorie opposte: la prima che legava questo sentimento alla socializzazione, la seconda che invece tendeva a mostrare come la xenofobia sia innata in ognuno di noi.

BAMBINI DEL MONDO – E proprio a convertire questo secondo pensiero – che il razzismo sia dentro di noi – arriva la ricerca di Eva Telzer e di 3 colleghi della Ucla, appena pubblicata sul Journal of Cognitive Neuroscience. L’analisi ha riguardato 32 bambini americani, tra i 4 e i 16 anni di età. Tra loro variavano le origini razziali: ve ne erano con antenati europei, asiatici, africani. I giovani sono stati sottoposti a imaging a risonanza magnetica (MRI) nel momento in cui visionavano un catalogo fotografico, composto da immagini di persone dal colore della pelle uguale e poi differente dal loro.

NESSUN SUSSULTO – Davanti alle foto di persone diverse da sé, i bambini non hanno mostrato attività cerebrali diverse rispetto al normale. E questo è avvenuto per tutti i bambini, fino all’età dei 14 anni. In particolare, è stato analizzato il comportamento dell’amigdala, quell’area del cervello che fa da centro di integrazione ai processi neurologici superiori come le emozioni, per esempio regolando la paura. Nei casi analizzati dai ricercatori americani, questa parte cerebrale non subiva modifiche. Mentre in passato, altre ricerche sulla popolazione adulta avevano mostrato come i pazienti sottoposti a risonanza magnetica avessero sussulti e modifiche percettibili della stessa amigdala, motivo che aveva spinto a collegare il sentimento xenofobo alle proprie innate peculiarità personali.

DOPO I 14 – Dalla ricerca emergono comunque due dati interessanti: il primo è che dopo i 14 anni di età, invece, proprio come è avvenuto nelle ricerche passate sulla popolazione adulta, qualche variazione della amigdala esiste davanti al «diverso da sé», e la seconda è che, da questa età in avanti, cambiano completamente le reazioni a seconda della propria origine razziale e geografica. Infatti, i giovani che provenivano da famiglie miste, o con antenati di altre etnie, non mostravano alcun segno di razzismo (inteso proprio come il riconoscere qualcosa di altro da sé), mentre per chi proveniva da una razza precisa, senza incroci con etnie di altri Paesi, il vedere foto anche di persone dalle stesse origini causava un sentimento o un’emozione registrata dalla amigdala.”

Silvia.

sabato 7 dicembre 2013

La crisi oltre la crisi ?



La crisi che stiamo ancora attraversando e dalla quale non sappiamo ancora come uscire si può riassumere, alla fine, in poche righe:

Nel 2008 è scoppiata una gigantesca bolla speculativa prodotta dalla finanza privata senza controllo (ricordate i mutui "subprime" e il crack Lehman ?) e le banche americane (prima) ed europee (poi) sono entrate in grave sofferenza ed hanno semplicemente smesso di far circolare il credito.

L'improvvisa mancanza di credito - come una specie di infarto economico - ha tolto ossigeno all'economia reale che ha iniziato a regredire generando disoccupazione, crollo dei consumi, fallimenti aziendali e (quindi) nuova disoccupazione in una spirale senza fine.

A partire dal 2011, grazie all'impazzimento (non casuale) degli spreads, le banche in sofferenza hanno iniziato a ricapitalizzarsi facendo carry trade sui titoli di stato ad alto rendimento lasciando a secco famiglie e imprese allo sbando.

Quindi, il settore pubblico sta - di fatto - salvando le banche (private) imponendo ai cittadini il supplizio della austerità dopo aver consentito alle banche stesse - nel decennio precedente - di agire indisturbate e senza controlli iniettando titoli tossici nel mercato finanziario e generando bolle speculative di debito privato che alla fine sono semplicemente scoppiate addosso alla gente.

Ora, forse, questa ricapitalizzazione accelerata volge al termine e le banche riprenderanno lentamente a fornire ossigeno al sistema produttivo e ai consumi.

Ma, abbiamo imparato la lezione ?
La crisi che stiamo attraversando ha un solo elemento positivo: rende plasticamente evidente il fatto che - senza regole e limiti imposti dalla Politica - il sistema finanziario, lasciato libero di evolversi senza regole e senza limiti, genera instabilità e produce solo disastri.

 
Come è possibile ?

Minsky e Einaudi ci possono aiutare a capire come abbiamo scritto in altri post:

 
Meccanica (ir)razionale dei mercati e necessità di un Regolatore Sovrano

Quante altre volte ancora dovremo rivivere questo incubo prima di cambiare le regole del gioco ?

E oltre la crisi c'è solo la prossima crisi ?


Sandro

mercoledì 4 dicembre 2013

Di chi è la "nostra" Banca Centrale ?


Spiegatemi questa cosa, se ci riuscite.

Che senso ha ?

Cui prodest ?

Stiamo parlando della "nostra" Banca Centrale... (!!)

...

Dal Decreto Legge n.133/2013

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Art. 4

Capitale della Banca d'Italia

  1. La Banca d'Italia, istituto di diritto  pubblico,  e'  la  banca centrale della Repubblica italiana, e' parte integrante  del  Sistema Europeo di Banche Centrali ed e' autorita' nazionale  competente  nel meccanismo di vigilanza unico di cui all'articolo 6  del  Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio del 15 ottobre 2013. E'  indipendente nell'esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze.


  2. La  Banca  d'Italia  e'  autorizzata  ad  aumentare  il  proprio capitale mediante utilizzo delle riserve  statutarie  all'importo  di euro  7.500.000.000;  a   seguito   dell'aumento   il   capitale   e' rappresentato da quote nominative di partecipazione  di  euro  20.000 ciascuna.


  3.  Ai  partecipanti  possono  essere  distribuiti   esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti,  per  un  importo  non superiore al 6 per cento del capitale.


  4. Le quote  di  partecipazione  al  capitale  possono  appartenere solamente a:


    a) banche aventi sede legale in Italia ovvero aventi sede  legale e amministrazione centrale in uno Stato  membro  dell'Unione  europea diverso dall'Italia;


    b) imprese di assicurazione  e  di  riassicurazione  aventi  sede legale in Italia ovvero aventi sede legale e amministrazione centrale in uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia;


    c) fondazioni di cui all'articolo 27 del decreto  legislativo  17 maggio 1999, n. 153;


    d) enti ed istituti di previdenza ed  assicurazione  aventi  sede legale in Italia, fondi pensione istituiti ai sensi dell'articolo  4, comma 1 del decreto legislativo 5 dicembre  2005,  n.  252,  e  fondi pensione di cui all'articolo 15-ter del citato decreto legislativo n. 252, del 2005, aventi soggettivita' giuridica.


  5.  Ciascun  partecipante  non  puo'  possedere,   direttamente   o indirettamente, una quota del capitale superiore al 5 per cento.  Per le quote possedute in eccesso non spetta il  diritto  di  voto  ed  i relativi dividendi sono imputati alle riserve statutarie della  Banca d'Italia.


  6. La Banca d'Italia, al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione  al   proprio  capitale  fissati  al  comma   5,   puo' acquistare temporaneamente  le  proprie  quote  di  partecipazione  e stipulare contratti aventi ad oggetto le  medesime.  Tali  operazioni sono autorizzate dal Consiglio Superiore con il parere favorevole del Collegio Sindacale ed effettuate con  i  soggetti  appartenenti  alle categorie di cui  al  comma  4,  con  modalita'  tali  da  assicurare trasparenza e  parita'  di  trattamento.  Per  il  periodo  di  tempo limitato in cui le quote restano  nella  disponibilita'  della  Banca d'Italia, il relativo diritto di voto e' sospeso e i  dividendi  sono imputati alle riserve statutarie della Banca d'Italia. 


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