lunedì 10 novembre 2014

Vicino, sei online ?



Eppure c’è qualcosa che non mi torna. Qualcosa di non chiaro, non razionalizzato, una sensazione sgradevole che mi dice che le diverse velocità a cui stiamo funzionando non stanno più insieme, divergono.

Arrivo a casa dal lavoro e vedo una macchina funebre di fronte al mio palazzo. Persone vestite  di nero, in completo, segnale inconfondibile di personale che si occupa del “ritiro” delle persone decedute.

Salgo le scale. Una delle porte del primo piano del mio palazzo, sette piani, due scale e quattro appartamenti per piano, è completamente spalancata. Un signore è fuori dall’uscio, guarda in basso. Mentre salgo le scale a piedi, viene alla porta la signora di colore che ci abita: ho sempre pensato che sia una badante anche se l’ho sempre vista sola, ma non sono sicura di chi abita in quell’appartamento. Due anni fa mi sembra di ricordare che ogni tanto incontravo un signore anziano con il bastone. La donna viene alla porta appunto e mentre si avvicina, sento inconfondibile il rumore delle viti che sigillano per una bara. Le dico “mi spiace è morto il Sig. Rossi?”, lei risponde a monosillabi, ma mi fa capire che sì è morto. Le chiedo quando, risponde da due giorni, le faccio le mie condoglianze. Dice grazie. Continuo a salire le scale, con quella tristezza che ci accompagna ogni volta che sentiamo che un’altra persona ha lasciato questa terra..

Ma c’è di più... Questa morte è accompagnata da una triste solitudine, nessuno del palazzo è presente, nessun parente che piange. C’è solo la badante che si muove, come sempre, con un po’ di fatica dovuta alla robustezza...

Due giorni dopo vengo a sapere che a morire era stata la signora Rossi invece, a letto e in carrozzina ormai da qualche anno, mentre il Sig. Rossi era mancato già due anni fa. Il mio sconforto è totale.

Ecco perché non l’ho più visto, ogni tanto lo incontravo in garage... Tanti vicini invisibili, piccole comparse del mio quotidiano, che sommessamente scompaiono. Delle quali non so nulla.

Del resto non si sa più cosa voglia dire essere vicini..

Quattro anni fa, il vicino che abitava sotto il mio appartamento, Sig. Bianchi, anziano e reduce da un ictus di qualche anno prima, mi fa capire parlando che dopo due giorni sarà il suo compleanno.

Il Sig. Bianchi è uno dei pochi vicini con cui interagiamo: all’inizio i rapporti sono stati un po’ tormentati, perché il rumore di mio figlio, delle pulizie, o di qualche invito a pranzo di amici, erano per lui e sua moglie rumori troppo fastidiosi. Nel tempo ci siamo avvicinati. Ed ho apprezzato il fatto che ogni volta che uscivo di casa lo trovavo nel cortile antistante il portone di ingresso del mio palazzo a fare le sue camminate riabilitative. Ogni volta mi fermava, mi ricordava magari il mio rumore, ma chiedeva anche notizie dei miei e dei miei suoceri. Parlavamo dei suoi anni e di come li portava bene.

Per il giorno del suo compleanno io e mio marito decidiamo di fargli unpiccolo regalo, una piccola radio. Tutto sommato è un po’ il “portiere” del palazzo, a chiunque passa chiede chi è, non puoi passare inosservato e questo ci sembra importante. Ma c’è di più : quando sa che mio suocero è mancato gli vengono le lacrime agli occhi... Questa umanità ci sembra vicinanza e passa sopra alle tensioni pregresse.

Dunque andiamo a casa sua dove lo troviamo con la moglie che ci invita ad entrare, gli diamo il regalino, ci trattiene un po’, facendoci vedere una serie di ricordi che ha in casa, sente poco, alziamo il tono della voce e scambiamo qualche parola. Torniamo a casa. Il giorno dopo sentiamo suonare il campanello: il Sig. Bianchi, nonostante si muova molto male in quei giorni, è uscito di casa e ci ha voluto raggiungere. Rimane sull’uscio e ci guarda. Dice: “ io volevo capire, sono anziano e ho dei problemi, ma non sono rimbambito, ma perchè mi avete fatto un regalo? Perché?”

Ecco questo “perché” oggi forse non ha più risposta, oppure la risposta è troppo banale, e poco comprensibile. Perché è un nostro vicino... perché l’abbiamo sentita vicina....

Risposte pericolose... Cosa c’è dietro? Cosa vogliono da me queste persone? Giusta o quantomeno comprensibile diffidenza....

Questi due ricordi mi lasciano un po’ di amaro in bocca. Soprattutto li sento stridere dentro di me, ogni volta che leggo le parole che ci scriviamo in rete, tutti apparentemente connessi, collegati da una rete fatta da sms, mms, facebook, twitter, ecc. ecc. Amici, frasi, immagini e suoni che circolano fra noi, ci piace e non ci piace, condividiamo e pubblichiamo. Tutto on line.... E’ anche bello, ha anche senso, ma quello che mi chiedo è perché i nostri vicini non sono più “on line”?

Silvia.

domenica 12 ottobre 2014

Montessori 2.0


Spesso, quando ascolto mamme o studenti che mi raccontano eventi della nostra scuola penso che abbiamo perso una grande occasione tanti anni fa.

Quando nei primi decenni del 1900 la più grande pedagogista mondiale, Maria Montessori, nata nel 1870 in Italia nelle Marche, ha cercato di diffondere il suo nuovo metodo educativo e didattico nel nostro Paese.

All’inizio c’è anche riuscita. Nel 1907, a San Lorenzo, ha aperto la sua prima “Casa dei bambini”, scuola per bambini da 3 a 6 anni. 

Durante il Fascismo c’è stato almeno all’inizio un certo “sodalizio” tra lei e Mussolini interessato a risolvere il problema dell’analfabetismo con le Case dei Bambini, ma probabilmente anche a trarre vantaggi personale dal prestigio internazione della Montessori. Quest’ultima d’altro canto, sperava di diffondere il suo metodo nel Paese. In effetti nei primi anni del regime nessuno le ha impedito di aprire nuove scuole in tutta la penisola o di tenere i corsi all’estero quando veniva invitata, dato che il suo Metodo aveva riscosso in Europa e in America un grande successo. Nel 1924, ha anche avuto origine la scuola magistrale Montessori e l‘Opera Nazionale Montessori, eletta a Ente morale e volta alla conoscenza , diffusione, attuazione e alla tutela del suo metodo.

Ma forse proprio questa iniziale vicinanza al regime fascista dal quale ci fu poi un graduale allontanamento reciproco fino all’ordine di chiusura di tutte le scuole montessori nel 1934, ha segnato nella storia del nostro paese una parziale e minoritoria adesione al suo metodo. 

Alcuni critici a sinistra l’hanno giudicata di destra per le tante scuole private aperte a suo nome e per le sue amicizie altolocate. D’altra parte in casa idealista non piaceva l’importanza da lei data alla ricerca scientifica, né si apprezzavano le concrete indicazioni per garantire criteri di uguaglianza e non classi basate su giudizi elitari e competizione continua. (http://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Montessori)

Così né da destra né da sinistra, nessuno si è appropriato delle sue idee ed in Italia la Montessori, il cui pensiero è riconosciuto e applicato in tutto il mondo, rappresenta una scelta ancora molto piccola e marginale nel panorama educativo e scolastico italiano (pensiamo tanto per intenderci, che in Olanda la metà delle scuole, dall’infanzia alle secondarie, applica il suo metodo).

Maria Montessori parte dallo studio dei bambini con disabilità per poi estendere il suo metodo all’educazione per tutti i bambini.

Qual è l’idea che rende diversa una scuola montessoriana da una scuola tradizionae ? 

E’ quella che il bambino è capace di autoregolarsi, di scegliere quale è la strada giusta per lui, anche un bambino molto piccolo. Un neonato posto da solo sul ventre della madre si muove per arrivare al seno, sa “già” che deve andare verso il seno e succhiare il latte, eppure è appena nato, una tabula rasa secondo alcuni.

Questa capacità autoregolativa deve trovare un contesto favorevole, accogliente, costruito a sua misura, con materiale pensato per soddisfare i suoi bisogni (di cura, movimento, esplorazione, scelta, mettersi alla prova, stabilità, protezione, esattezza, ordine ecc.), bisogni universali che ogni bambino manifesta ovviamente nella sua individualità.

L’ambiente parla al bambino, gli dice cosa può fare, quanti bambini ad esempio possono stare in un certo spazio. I materiali sono diversi, non di plastica, reali, pensati e realizzati per rispondere alle esigenze sensoriali, perché è attraverso i sensi che si apprende : dal concreto, dal mondo reale all’astratto.

Il bambino, come persona, deve poter scegliere quale materiale utilizzare e per quanto tempo. Non è l’adulto che dice tu hai bisogno di questo, adesso facciamo tutti un disegno, leggiamo un libro o giochiamo con i lego o ascoltiamo tutti la lezione di storia. L’adulto fornisce interenti indiretti, è a fianco del bambino e non si sostituisce a lui.

C’è uno studio costante di analisi dell’ambiente e dei materiali proposti, che cambiano quando si vedono nuovi bisogni che emergono, gesti dei bambini che non trovano soddisfazione dal materiale esistente.

I bambini apprendono a concentrarsi e aumentano i tempi di attenzione. La socializzazione non è forzata ma è una libera scelta di ogni bambino. Il lavoro del singolo è rispettato. I materiali vanno usati senza romperli e senza recare danno a sé e agli altri e questa è in fondo l’unica regola delle relazioni nel contesto scolastico. 

L’adulto fa delle presentazioni sull’uso del materiale, breve e individualizzata e poi lascia il bambino libero di usarlo.

Nasce così il piacere di agire e di imparare. Non ci sono voti, né giudizi, non si alza la voce, non si mettono in evidenza gli sbagli.

Secondo la Montessori la libertà non può essere concessa, né donata, va costruita a poco a poco fin dai primi anni con l’esercizio quotidiano della scelta indipendente e dell’auto-correzione.

Scegliere, agire e rimettere a posto fin dal secondo anno di vita, è il primo passo affinché il bambino costruisca indirettamente il senso di responsabilità verso gli altri e l’ambiente.

La motivazione parte dal bambino, è lui che guida: il percorso da fare è facile “segui il bambino”.

A volte qualcuno dice “penso che i bambini abbiano bisogno della competitività e delle frustrazione del mondo...”. Ma in realtà quello di cui hanno bisogno i bambini è la verità, che imparano a non temere se si trovano in un ambiente in cui non spendono le loro energie a difendersi di continuo, in cui possono osservare molto, allenarsi ad autocorreggersi e a non avere paura di giudizi, né di correzioni ingiuste e umilianti (vedi mariovalle.web).

Qualcuno sostiene che Montessori appartenga al passato e che non abbia senso risalire al pensiero di una persona nata alla fine del 1800. Inoltre, alcuni attaccano il metodo montessoriano dicendo che non favorisce la creatività.

Roberto Bonzio in un articolo a sessanta anni dalla morte di Maria Montessori, ripercorre il successo della pedagogista in America: racconta che quando Barbara Walters star della tv Usa chiese agli inventori di Google quanto fosse stato importante per loro aver frequentato la prestigiosa Università di Stanford. Ma Sergei Brin e Larry Page le risposero che più dell’università, per loro era stato determinante l’asilo. E cioè l’esperienza fatta da tutti e due da bambini con il metodo Montessori. Lì avrebbero imparato a “non seguire regole e ordini, essere automotivati, domandarsi che succede nel mondo, fare le cose in modo un po’ diverso.”

La lista degli alunni illustri del metodo è lunga e comprende altre star della New economy come Jeff Bezoz, fondatore di Amazon, Jimmy Walles ideatore di Wikipedia e Will Wright autore del videogame best seller “The Sims”.

Nel suo blog per Forbes, Steve Denning, autorità internazionale nel campo della formazione e della conoscenza ha contrapposto il metodo Montessori fucina di futuri leader, agli schemi tradizionali di insegnamento rigido e mnemonico. Secondo Denning per il futuro della scuola occorre puntare ad un obiettivo principale : stimolare l’apertura mentale che consenta il “Lifelong Learning,” continuare a imparare una volta lasciati i banchi per tutta la vita. (www.chefuturo.it/2012/05/60-anni-fa-moriva-maria-montessori-maestra-di-google-amazon-e-wikipedia)

Due chiavi di lettura importanti per orientare il vento del cambiamento : partire dalla primissima infanzia e cambiare il punto di vista sulla finalità dell’educazione.

Per fortuna ultimamente anche in varie parti d’Italia si sta cominciando a riparlare del pensiero di Maria Montessori: ma il vento del cambiamento in Italia è lento ad attecchire e qualcuno cerca di richiudere subito il “file” dicendo che si tratta solo di una moda, un vento passeggero. Siamo spesso superficiali nell’analisi dei fatti, ancora di più per ciò che attiene l’educazione e la scuola, perché è dominio di tutti e quindi tutti possono esprimere la loro opinione (un po’ come il calcio). Credo che questo sia naturale, ma penso anche che la comprensione della realtà richieda tempo, studio e pazienza affinché si riesca a coglierne i significati ed i nessi più profondi.

Spesso ci si accorge che avevamo liquidato un’idea troppo presto e con facili pregiudizi. Come quando si vede un film più volte, e si riescono a scoprire i significati nascosti ed i dettagli che a una prima occhiata superficiale non avevi neanche immaginato.

Del resto l’approccio dell’ insegnamento tramite le nuove tecnologie sembra ricalcare molti degli assunti di Maria Montessori, ma anche le recenti scoperte delle neuroscienze (come la scoperta dei neuroni specchio) sembrano dare conferma di molte delle intuizioni sul funzionamento del cervello, di quella che è forse la donna italiana più famosa all’estero.

Lanfranco Rosati proprio a proposito delle ultime recenti scoperte scrive che è evidente che “la possibilità di un apprendimento coordinato attraverso i sistemi cerebrali è maggiore durante gli stati emotivi e minore durante quelli non emotivi. È qui che sorge l’esigenza di una didattica non replicante, alternativa alla banalità della lezione di routine, che sia costitutiva, localmente definita a seconda dei bisogni formativi personali” (http://www.morlacchilibri.com/universitypress/).

Così non resta che sperare che il mondo e l’educazione torni sui propri passi a riscoprire pensieri che hanno un secolo ma che sono di una straordinaria modernità.

Silvia.

mercoledì 10 settembre 2014

Lo stato dell’Atmosfera e le previsioni del tempo a breve e lunga scadenza. Analogie e differenze, limiti e opportunità offerte dal mercato del meteo, rispettoso della complessità, non riducibile, della Natura

Se si vuole parlare di “previsione del tempo”, a qualsivoglia scadenza temporale, è necessario capire che questa è “figlia” della previsione dello Stato fisico dell’Atmosfera, sovrastante quantomeno l’area dove si vuole sapere che tempo farà. Ma cosa si intende per “Stato fisico dell’atmosfera”? L'atmosfera è fatta da un miscuglio di gas, e pertanto si "muove" e si modifica in accordo alle fisiche dei gas. Si tratta delle leggi della meccanica e della termodinamica, note da qualche centinaio di anni. Trattandosi di stato "fisico", allora l’atmosfera sarà descritta da grandezze per l’appunto fisiche, tipo la velocità e direzione dei venti, tipo la temperatura o la densita dell’aria o la pressione atmosferica. Quindi l'evoluzione dell’atmosfera, e quindi del tempo meteorologico che ne deriva, è determinata da come evolvono nel tempo e nello spazio queste grandezze, che in gergo si chiamano “variabili di stato”, a partire da specificate “condizioni iniziali”. Come dire che se conosco adesso la pressione atmosferica o la temperatura in un punto e alcune altre grandezze..., posso stimare cosa accadrà in futuro. 


Tali leggi sono scritte in linguaggio “matematico” sotto forma di equazioni differenziali a derivate parziali, non lineari e a coefficienti variabili (questo per essere proprio…precisi), e non sono assolutamente affrontabili e risolubili con “carta e matita”, perché troppo complesse. E’ necessario allora approssimarle e scriverle sotto forma di equazioni algebriche che possono essere “risolte” attraverso l’uso dei potenti computer.  La sostanza della previsione meteo numerica è semplice, in definitiva: se si conosce lo stato iniziale dell’atmosfera in una data area, e questo è possibile attraverso gli strumenti di misura esistenti e di varia tipologia (al suolo, i radar, i radiosondaggi, i dati da satellite, da areo ecc..)  è possibile conoscere, con una certa piccola o grande approssimazione, l’evoluzione futura di tale stato, risolvendo numericamente queste equazioni algebriche, che simulano, per quanto possibile, l’evoluzione dell’atmosfera reale, che è descritta appunto dalle variabili di stato di cui sopra. 


Figura 1: la divisione in “volumetti” dell’atmosfera in

un tipico grigliato tridimensionale usato in un modello globale 
Il problema principale è che prevedere l’evoluzione di un sistema complesso come l’atmosfera è una cosa molto difficile. Prima di tutto perché come è facilmente intuibile, sono tantissimi i “punti” che si devono considerare per capire l’evoluzione futura in un volume di aria che si considera. Sono quindi necessarie delle drastiche semplificazioni per ridurre ad un numero elevato ma finito il numero di variabili di stato, definite su un numero grandissimo ma comunque discreto e finito di punti dove si deve  conoscere l’evoluzione.  In pratica quello che si fa è dividere tale volume di aria in tante cellette o volumetti e risolvere le leggi della Fisica di cui sopra su ognuno di questi volumetti (vedi la figura 1): il volume potrebbe ricoprire tutta la terra, in tal caso di parla di previsioni globali e di modelli globali, o parte di essa, in tal caso si parla di previsioni locali e modelli ad area limitata). Se i volumetti sono di dieci chilometri di lato e uno di altezza, allora ne avremo, ad esempio, diecimila per ogni piano orizzontale (100*100)sovrastante un'area di interesse di un milione di chilometri quadrati (1000*1000). Se di piani orizzontali ne abbiamo dieci in dieci chilometri di altezza di atmosfera, allora ogni volumetto rappresenta un “volume” di aria di cento chilometri cubi (10*10*1) e in totale nel volume di aria complessivo ci sono centomila volumetti. Se lo stato di ogni volumetto è determinato da cinque variabili (le tre componenti della velocità del vento, la temperatura, la densità dell’aria), allora ci saranno ben cinquecentomila variabili da considerare per conoscere lo Stato (attuale e futuro) dell’atmosfera in quel volume totale di 1000x1000x10 chilometri cubi di atmosfera. Con i potenti computer di oggi, fare i “conti” in tempi stretti con questi numeri è un giochetto da ragazzi, solo 25-30 anni fa era invece un sogno che sembrava irraggiungibile (a meno che non si usassero dei “volumetti” di solo 200-300 Km di lato  però in quel caso il realismo della previsione numerica era molto peggiore di oggi. Potenza della scienza e della tecnologia informatica, si potrebbe dire!

Da un punto di vista teorico, per descrivere l’evoluzione dell’atmosfera sovrastante quell’aria serve conoscere l’evoluzione di cinquecentomila variabili di stato…Se volessimo "visualizzare" questa evoluzione in uno spazio cartesiano dovremmo usarne uno con cinquecentomila assi. E in questo spazio a cinquecentomila dimensioni un punto rappresenterebbe lo STATO dell'intero volume di 1000*1000*10 chilometri cubi di atmosfera...La curva che quel punto percorre in quello spazio nel tempo rappresenterà allora l'evoluzione nel tempo di quel volume d'aria, descritto da tutte quelle cinquecentomila variabili.. Difficile da capire? Magari no...
In ogni caso, per far capire meglio il concetto, proviamo a selezionare tra quelle cinquecentomila variabili solo due. In tal modo potremo dare una rappresentazione grafica reale a questa evoluzione....Le due  variabili, tra queste cinquecentomila, potrebbero essere due temperature in due "volumetti" di atmosfera posti abbastanza lontani tra loro all'interno del dominio di interesse. Oppure potremmo prendere due variabili diverse in uno stesso volumetto, che so la temperatura e la componente est-ovest della velocità del vento...Facendo così potremo rappresentare l’evoluzione dello stato "ridotto" attraverso solo queste due variabili in un piano cartesiano avente solo due assi, X1 e X2 (vedi Figura 2), che rappresentano appunto le due variabili di stato selezionato. In tal modo  possiamo rappresentare in modo visivo l’evoluzione dell’atmosfera come appunto una serie successiva di punti in uno spazio a due dimensioni che percorrono una curva che, a partire da un punto iniziale, evolve nel piano disponibile. Ogni “punto” rappresenta lo Stato in un dato giorno, ad esempio.  


Figura 2: La curva nera rappresenta l’evoluzione dello stato osservato dell’atmosfera (qui semplificato da solo due variabili di stato X1 e X2) che parte da uno stato iniziale e evolve nel tempo. Inizialmente lo stato rimane in un regime di anomalia negativa (evidenziata dal cerchio celeste), poi oscilla attorno ad uno stato di anomalia nulla (sta cioè attorno ai valori medi, o normali, cerchio verde) ed infine transita verso uno stato di anomalia positiva (cerchio rosso) per entrambe le variabili di stato.


La curva si sviluppa su un arco temporale di poco più di 100 giorni, in sostanza poco più di una stagione. Un altro piccolo dettaglio di scarso interesse ma che aiuta a capire. Operiamo anche una “normalizzazione” alle nostre due variabili di stato X1 e X2, per renderle prive di dimensione fisica. Per far questo si sottrae ad esse un valore di riferimento  e poi si divide per una grandezza che rappresenta la variabilità di quel valore attorno al suo valor medio, ad esempio la deviazione standard. Dividendo una cosa con dimensione con un’altra cosa con la stessa dimensione, il rapporto che si ottiene NON ha allora più dimensione, e si dice che è un numero “puro”.

In sostanza, in questo grafico, i valori di uno, due o -1 o -2 si devono interpretare come “anomalie normalizzate”. Ad esempio il valore zero significa che in un dato istante il valore rilevato è identico al valore di riferimento. Il valore 1 significa che l’anomalia, positiva, è uguale a 1 deviazione standard, il valore 2 a due deviazioni standard, -1 che è negativa e uguale ad una deviazione standard e così via…

Fatte queste premesse noiose ma necessarie, se adesso guardiamo la curva nera della figura 2, che rappresenta quella che potrebbe essere l’evoluzione “osservata” dell’atmosfera descritta dalle nostre  due variabili di stato (denominate X1 e X2), osserviamo che a partire da un punto iniziale in cui i valori di anomalia  normalizzata sono negativi per entrambe le variabili (siamo cioè in un regime di anomalia negativa, più “freddo” del valor medio se parlassimo di temperature), dopo un po’ di tempo (ogni tacchetta rappresenta un giorno), la variabile 1 si mantiene negativa mentre la 2 diviene positiva, poi entrambe si mettono a “spiraleggiare” attorno allo zero. In sostanza lo stato del sistema, descritto dalle nostre due variabili di stato per semplicità, si muove per un po’ di tempo (più o meno dal giorno 30 al giorno 50), attorno allo zero. Talvolta la variabile 1 è positiva e la due negativa, altre volte capita il contrario. Ma in ogni caso i “valori” sono prossimi allo zero. Chiameremo questo un “regime nella norma”. Successivamente, si verifica una nuova transizione e alla fine (più o meno dal giorno 70 fino alla fine della curva o pochi giorni prima), il sistema si posiziona su un regime di anomalia positiva, dove entrambe le variabili denotano un’anomalia maggiore di zero. Se interpretiamo le due variabili come, ad esempio, la temperatura osservata in due luoghi (o due dei famosi “volumetti” di cui sopra…), potremo intendere questa evoluzione nel modo seguente: si inizia con uno stato in cui in entrambi i luoghi (o volumetti) la temperatura è sotto la media del periodo, poi nel tempo i valori di temperatura crescono, oscillando attorno ai valori della norma per l’uno e l’altro punto, e poi alla fine si transita in un regime “caldo” dove in entrambi i luoghi (o volumetti) la temperatura supera la media.

 Spero che fino a qui sia tutto chiaro.

Adesso ci si poniamo la fatale domanda: come sarebbe in grado di riprodurre un modello di previsione questa evoluzione osservata, rappresentata in figura 2? Ho fatto due esempi: un caso fortunato e un caso  sfortunato, e sono rappresentati nelle figure 3 e 4, poste una sotto l'altra.


Figura 3: L’evoluzione del tempo osservata (la curva  nera della figura 1 riprodotta per comodità) e prevista da un modello di previsione “buono” (la curva rossa). Si vede come in tal caso la previsione inizialmente riproduce bene i valori osservati (nei primi 5-8 giorni), poi la curva della previsione si allontana da quella osservata pur rimanendo quasi sempre attorno allo stesso stato di anomalia dell’osservato. In tal caso, pur non essendo in grado, il modello usato, di riprodurre ovviamente l’evoluzione giornaliera (si noti che la distanza tra previsione e osservazione nei singoli giorni è molto spesso parecchio elevata, dopo il decimo giorno), tuttavia riproduce abbastanza bene le così dette “proprietà statistiche”. In sostanza lo stato previsto sta più o meno sempre nello stesso stato di quello osservato. Il modello è in grado di riprodurre, ovviamente non giorno per giorno, le anomalie osservate



Figura 4: Analoga alla Figura 2 a sinistra. E’ raffigurata l’evoluzione del tempo osservata (la curva nera) e stavolta quella prevista da un modello di previsione “cattivo” (la curva verde). Si vede molto bene come, in tal caso, di nuovo  la previsione inizialmente riproduce bene i valori osservati (nei primi 5-8 giorni), ma poi la curva della previsione si allontana da quella osservata  e non riesce mai a rappresentare i regimi di anomalia osservati, oltre ad essere chiaramente mai, come nel caso precedente, vicina giorno per giorno all’osservato. In tal caso  il modello usato non solo non è in grado, come nel caso precedente, di riprodurre l’evoluzione giornaliera, ma non è neppure in grado di riprodurre le “proprietà statistiche” menzionate prima. In sostanza lo stato previsto risiede sempre in stati diversi da quelli osservati, anche intesi come situazioni “medie”, o regimi. 

I dettagli sono descritti nelle didascalie delle figure, quello che mi preme sottolineare  sono solo alcuni aspetti: prima di tutto  che la previsione meteorologica, intesa come riproduzione deterministica giorno-per-giorno del tempo osservato, è di fatto possibile solo nei primi 5-10 giorni di previsione, successivi alla data da cui ha preso inizio la previsione. Successivamente a tale scadenza temporale, il comportamento essenzialmente caotico dell’atmosfera impedisce, per definizione, la riproduzione “esatta” dell’evoluzione nel tempo, se con il termine “esatto” si intende ad esempio la riproduzione della variabilità giornaliera, giorno-per-giorno. Si nota infatti come la “distanza” (che è una misura dell’errore della previsione) da giorno a giorno,  tra la curva nera (osservato) e rossa (previsto) aumenti al crescere dei giorni di previsione. Queste cose le ha dimostrate un grandissimo della meteorologia mondiale, Edward Lorenz, negli anni ’60, dimostrando appunto come l’atmosfera sia essenzialmente un sistema caotico e deterministicamente non predicibile, dopo un periodo di circa due settimane, in sostanza i nostri 10 giorni, giorno più giorno meno…

Non entrerò nei dettagli del ragionamento di Ed Lorenz, per chi fosse interessato rimando a questa fondamentale lettura  (vedi qui).
Da quanto detto sino ad ora,  non sembra sussistere via d’uscita: fare previsioni di lungo periodo significa solo perdere tempo. Non è così. Cerchiamo di capire meglio cosa voglio dire…

Se guardiamo bene la figura 3, si nota che, almeno in questo caso, la previsione di lungo periodo, pur non essendo certamente MAI in grado di riprodurre i dettagli della variabilità giorno-per-giorno, è tuttavia in grado di “catturare” abbastanza bene i “regimi” in cui l’atmosfera osservata si “posiziona” nel tempo, ed anche  le transizioni tra regime e regime. Ad esempio l’evoluzione da periodi ad anomalia negativa (freddi) a positiva (caldi), la permanenza all’interno di un dato regime (freddo o caldo, per mantenere l’esempio).

Cosa si può concludere, almeno per questo caso che ho chiamato “fortunato”? Si conclude che non sarà mai, sottolineo MAI, ad esempio possibile rappresentare il tempo futuro del giorno X dell’anno Y, partendo da condizioni iniziali di due mesi prima il giorno X, ma tuttavia può essere possibile conoscere con un certo livello di incertezza (diverso da zero ma neppure infinito), se nei due mesi successivi quel giorno X il tempo potrà essere “mediamente” un po’ più anomalo in un senso o nell’altro (più “caldo” o più “freddo”), o magari simile a quello osservato. E più o meno quando potrebbero verificarsi le transizioni da un regime all’altro. Niente più di questo, pero’! Questo sarà tanto più vero quanto più ampie si considereranno le aree geografiche dove si faranno le valutazioni dello stato dell’atmosfera.  Se l’area geografica è quella del singolo “volumetto” di atmosfera  di cui si parlava poco fa, allora sarà abbastanza difficile aver successo. Cioè quella curva prevista difficilmente si terrà tutto sommato abbastanza “vicina” a quella osservata. Mettendo assieme più volumetti e operando una media questo magari potrebbe essere più possibile. Cioè mediando su più “volumetti” il segnale corretto potrebbe anche saltar fuori.


Fosse così sempre, saremmo felici…Ahime, purtroppo questo non accade sempre.
Ci sono molte situazioni (i casi “sfortunati”) in cui questo NON accade. Nel caso (appunto sfortunato) raffigurato nella figura 4, la curva di previsione (curva verde) è sempre lontana da quella nera e non riproduce assolutamente mai non solo la variabilità giorno-per-giorno (come nel caso fortunato precedente) ma neppure i regimi medi osservati. 

Questa diversità di comportamento accade perché le situazioni NON sono tutte ugualmente predicibili, e questo dipende da tanti fattori: la posizione geografica (ad esempio nelle aree tropicali in genere c’è maggiore predicibilità di quelle extra-tropicali), la stagione dell’anno, la situazione meteorologica più o meno evolutiva (situazioni caratterizzate da passaggi continui di cicloni sono meno predicibili di situazioni di tempo bloccato.

Purtroppo è difficile stabilire “in anticipo” in quale di queste fortunate (o sfortunate) situazioni ci si potrà trovare. Talvolta il successo è maggiore in quanto sussistono grandi anomalie globali o emisferiche (tipo l’anomalia diEl Nino – qui i dettagli - che interessa le aree tropicali del Pacifico) o sussistono dei “pattern” di configurazione atmosferica (tipo la North Atlantic Oscillation  (qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Oscillazione_Nord_Atlantica i dettagli) che in qualche maniera “forzano” il tempo meteorologico verso situazioni più facilmente predicibili anche nel lungo periodo, soprattutto grazie agli Oceani che hanno una variabilità molto più “lenta” dell’atmosfera, soprattutto in profondità, e quindi mantengono “memoria” anche per diversi mesi in avanti. Ma sarebbe troppo facile se fosse sempre così. Stabilire una regola semplice è molto difficile, addirittura fuorviante.

Non è possibile costruire cioè un modello che ci anticipi in maniera chiara se “saremo” fortunati o sfortunati. Ci possono essere degli indizi, e il meteorologo bravo li deve saper cogliere. E' essenziale quindi che ci sia l'uomo, in questo processo, che non potrà quindi mai essere completamente automatizzabile...Sappiamo ad esempio che se in Europa sussiste un regime di North Atlantic Oscillation (NAO) positiva c’è da attendersi un regime di precipitazioni più basse in tutta l’area del Mediterraneo e maggiore sul Nord Europa, diversamente dalle volte in cui il pattern della NAO è rovesciato. Ma anche in tali casi talvolta non è così.

In ogni caso, e di nuovo lo ri-sottolineo, sia nei casi fortunati che tanto più in quelli sfortunati, NON E’ mai possibile dare indicazioni di dettaglio nel futuro successivo a 10 giorni, tipo prevedere l’esatta configurazione di una struttura di pressione e, ancor di più impossibile, anticipare il tempo meteorologico in una specifica località. Al massimo si può dire qualcosa sul tempo medio, guardando aree abbastanza vaste, e anche così il margine di errore può essere grande. Talvolta molto grande.

Questa conclusione dovrebbe chiarire, spero una volta per tutte, il tema della attendibilità, e prima ancora di questo, della "lettura" che si debba dare alle previsioni di lungo periodo, che non sono "la stessa cosa" delle previsioni a due-tre giorni, come ho cercato di spiegare...E quindi se è perfettamente lecito quantificare in modo esplicito la previsione, ad esempio di temperatura in una località tra 3 giorni, non è assolutamente possibile farlo con previsioni a 15 giorni. Dire che tra quindici giorni, a Bologna o in qualunque altro posto, ci saranno X gradi di temperatura massima è pertanto una reale "bufala":

E’ però evidente che pur non essendo in grado di riprodurre MAI, dopo i famosi primi dieci giorni, l’evoluzione giorno per giorno, ma semmai  solo le transizioni tra regimi di anomalia diversa o magari la permanenza in uno stesso regime, ebbene anche questa limitata potenzialità può essere di grande rilevanza, sia teorica che pratica. Ad esempio, se si pensa a tutte le volte che è necessario pianificare azioni nei diversi settori di attività umane, il sapere anche solo che tra un mese sarà in una data area “un po’ più caldo della media” o “più freddo”, o “più piovoso” o “meno piovoso” del normale, può fare la differenza tra scegliere bene o male. E magari si tratta di azioni che costano grande fatica, soldi e responsabilità da dover prendere. Si pensi ad esempio alle aziende municipalizzate che devono programmare lo stoccaggio del “gas” da riscaldamento, oppure pianificare attività in agricoltura (es: quanta acqua per irrigazione sarà necessaria tra un mese), oppure la pianificazione delle azioni di difesa da alluvioni ecc….

L'obiettivo di questo post era di fare un po' di chiarezza in merito al tema, complesso, delle previsioni meteo. Abbiamo visto che previsioni a 2-3 giorni e previsioni a 3-4 mesi sono cose diverse assai, e quindi la lettura che se ne fa deve necessariamente essere diversa. 
Certamente stiamo trattando un tema complesso...

E allora chiudo questo post con la speranza di aver centrato l'obiettivo di raccontare una cosa complessa in modo da farmi capire. Spero che il lettore si sia fatto un'idea dei limiti delle previsioni che vengono emesse, di quanto complessa sia la Natura, in questo caso l'Atmosfera, che non è predicibile in senso "stretto" oltre i noti (oramai spero...) 10 giorni, ma allo stesso tempo non preclude la possibilità di dire qualcosa dopo questi mitici 10 giorni. Sono cose diverse, è necessario differenziarle, è necessario spiegarle. E alla fine, se si è capito, ebbene questo sarà un tassello in più nella conoscenza delle persone, che potrà solo far del bene.


domenica 4 maggio 2014

A lui crediamo ?


Il vice-presidente della BCE (Vitor Costàncio) ci spiega quali sono state le cause della crisi:


Cito solo un frammento del suo discorso:

<<
It is my contention that the main driver of the crisis was located in the financial sector, particularly banks which intermediated large capital flows towards the periphery, creating imbalances that became unsustainable when a sudden stop occurred following the international crisis and the abrupt revision of price of risk that it entailed.
>>

il resto potete leggerlo anche da soli, se volete.

E trarre le vostre conclusioni.

E decidere come considerare i nostri "politici" che continuano a dirvi che tutti i mali dell'Italia derivano dalla corruzione e dal debito pubblico (ovviamente).

Sandro.

giovedì 27 febbraio 2014

Discorso agli Ateniesi



Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.

Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
 
Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle, 461 a.C.

domenica 19 gennaio 2014

Cosa dice lo European Systemic Risk Board


Ecco come spiegano la genesi e le cause della crisi a Bruxelles gli alti burocrati dello European Systemic Risk Board (ESBR) cioè il tink-tank che è stato incaricato (quando la crisi era ormai scoppiata e aveva iniziato a provocare le prime vittime, cioè nel 2009) di individuare le cause del disastro e di suggerire tutte le azioni correttive di sistema che possono evitare l'insorgere di nuove crisi in futuro.

Qui trovate il report completo (in italiano):

Provate a leggerlo, è davvero illuminante. Soprattutto se si considera l'autorevolezza e l'ufficialità della fonte.


Riporto per esteso solo un brevissimo estratto dalla introduzione del report, per far capire il tono:

<<


La presente relazione viene pubblicata in un momento in cui il mondo deve far fronte ad una crisi economica e finanziaria di estrema gravità.

L’Unione europea è duramente colpita.

La recessione economica.

L’aumento della disoccupazione.

L’ingente spesa pubblica per stabilizzare il sistema bancario: un debito che graverà sulle generazioni future.

La regolamentazione e la vigilanza in materia finanziaria si sono rivelate troppo deboli o hanno dato gli incentivi sbagliati.

La globalizzazione dei mercati ha accelerato il contagio.

L’opacità e la complessità hanno peggiorato la situazione.

Bisogna correre urgentemente ai ripari.

Occorre intervenire a tutti i livelli, mondiale, europeo e nazionale, e in tutti i settori finanziari. 


>>

non notate una "leggerissima" discrasia con la narrazione della crisi che ci propinano - ogni santo giorno - gli organi ufficiali di propaganda ?

Cioè: 

a noi (popolo bue) dicono che la colpa di tutto è:

il "debito pubblicooooo !!, la corruzioneeee !!... la spesa pubblicaaaa !!......"

e - QUINDI - ci curano a colpi di austerity e fiscal-compact, con tagli alla spesa, espropri del patrimonio pubblico, privatizzazioni, liberalizzazioni, distruzione dello stato sociale...

... mentre pare che la causa della crisi sia un tantino diversa (e lo dice lo European Systemic Risk Board, mica il solito complottista di turno) e sta tutta nella folle deregolamentazione della gigantesca sovrastruttura finanziaria (privata) che governa le economie del mondo e che può fare (ed ha fatto) il bello e il cattivo tempo senza nessun controllo democratico.

Io non riesco davvero più a sopportare questo continuo e sistematico smantellamento della verità e questa totale e asfittica mancanza di dibattito e di consapevolezza.

Non so voi.

Sandro.

domenica 12 gennaio 2014

Il cambiamento climatico ovvero: il “tapis roulant” della palestra Greenhouse




Premessa
Continuo da tempo a constatare quanto sia poco compreso il tema del cambiamento del clima. A giudicare da quanto si legge spesso sulla carta stampata oppure si vede in TV o si ascolta alla radio, l'errore più frequente che si incontra è quello di confondere il tempo meteorologico con il  climaOgni giorno ricevo domande da giornalisti, da amici, vicini di casa ecc.. che mi chiedono, non appena fa un po’ più freddo: “ma allora, perché 'sto freddo, ma non doveva esserci l'aumento delle temperature ? E quando invece fa un po’ più caldo: “allora è tornato il cambiamento del clima ?”.  Da qualche giorno poi, in corrispondenza del gran freddo anomalo osservato in USA, ci si imbatte anche in chi sostiene che il mondo stia per andare incontro ad una nuova era glaciale !

Molti giornalisti poi continuano a  negare, con ostinazione e contro ogni evidenza e nonostante quello che scrivono nei loro report organismi internazionali come l'IPCC ad esempio, la gravità del tema del cambiamento del clima. Indubbiamente esistono interessi forti a non far emergere questo problema come uno dei più gravi che sta affrontando l'umanità. Di sicuro i rimedi che sarebbe imperativo mettere in campo fin da subito per limitare i danni degli impatti della modifica del clima sono poco accettati in una società come la nostra, dominata dal pensiero unico neo liberista che ha il suo karma nel concetto di crescita senza se e senza ma e ad ogni costo, e dove non ci si chiede mai se tale crescita continua sia per l'appunto compatibile con le risorse naturali, finite, presenti della Terra. Abbiamo già parlato di queste cose altre volte in questo blog (ad esempio qui oppure anche qui) e non voglio tornare in questa sede a riparlarne. 

Tornando quindi al tema iniziale, proverò invece a fare di nuovo un po' più di chiarezza sulla differenza tra tempo e clima che rimane sicuramente la lacuna di informazione più grande e che determina una reale crisi di comprensione. Un blog come questo, dove si parla di "crisi" di varia natura, è la sede opportuna per approfondire qualche aspetto. 

Proviamo, allora, a ricominciare...

Cosa è il tempo e cosa è il clima
Per essere proprio banali, uno potrebbe dire che il tempo è quello che si vede aprendo la finestra in una stanza della propria abitazione, cioè quello che sta accadendo adesso in un luogo, mentre il clima non è questo. Il clima è, al contrario, una proprietà “statistica” del tempo, non è connesso cioè a quello che accade in un istante preciso in un posto, ma invece rappresenta uno stato “medio” di quello che accade in quel posto. Si parlerà quindi, ad esempio, della temperatura massima climatica X di Bologna a gennaio come la media delle temperature massime, calcolata su tanti mesi di gennaio per tanti anni. Analogamente lo si potrà fare per la precipitazione totale climatica Y (totale mensile) e così via. Se allora, da calcoli del genere, salta fuori che la temperatura media delle massime di gennaio è, diciamo, 5 gradi, si può comprendere bene che un dato giorno di un dato gennaio qualsiasi, ad esempio dell’anno 2013 interno a quei 30 anni che abbiamo usato per calcolare la media climatica, la temperatura massima possa essere molto di più di 5 gradi o invece molto di meno. Cioè maggiore o minore della media climatica. Se è molto di più si dice che quel giorno c’è una forte anomalia positiva in corso, se è molto meno si dice che invece l’anomalia è negativa. Se invece la temperatura che si misura quel giorno è quasi 5 gradi allora si dice che la temperatura è nella media.

Bene, si dirà, questo è facile. Ma allora che cosa è sto benedetto cambiamento climatico, se non è la stessa cosa del cambiamento del tempo...meteorologico ?

La risposta è che quando si parla  di “cambiamento climatico”  si allude al fatto che, ad esempio, la temperatura media climatica delle massime di gennaio, calcolata mediante l'analisi di un dato trentennio di dati (ad esempio il trentennio 1961-1990), possa essere mutata (cioè essere  maggiore o minore) rispetto a quella calcolata su, ad esempio, il trentennio prima 1931-1960.  Si comprende bene che tutto ciò non ha nulla a che vedere con il fatto che in una data giornata possa essere molto più freddo o caldo di una data norma climatica. In sostanza, dire che c’è un cambiamento climatico significa dire che sta cambiando una proprietà “statistica” del tempo di un luogo. Proprietà statistica che, appunto, si chiama clima
Se è così, allora che tipo di connessioni esistono tra tempo e clima, visto che sono oggetti sicuramente diversi, ma anche parecchio legati tra loro ?

Per chiarire il punto vorrei usare una analogia completamente fuori da questo contesto. Lo farò usando i....tapis roulant, che sono quegli oggetti che servono per correre senza uscire dalle palestre dove sono collocati. Per ovvi motivi la palestra a cui mi riferirò non potrà che chiamarsi palestra..."Greenhouse".

Il tapis roulant della palestra Greenhouse…
Un tapis roulant è per l'appunto un nastro che gira avvolgendosi all'interno di una macchina e sul quale noi ci mettiamo a camminare o a correre. Molti sanno che alcuni di questi aggeggi da palestra, almeno i più moderni, possono ruotare a diversa velocità e addirittura inclinarsi mentre ci si corre  sopra, permettendoci di simulare delle corse in salita. Bene, ciò detto supponiamo di entrare un bel giorno dentro la palestra "Greenhouse" della nostra città e di decidere di fare una bella corsa su uno dei tanti tapis roulant che sono al suo interno. Per qualche motivo che sarà più chiaro in seguito, decidiamo di fare le nostre corse con gli occhi bendati. Saliamo quindi su questo oggetto e iniziamo prima a camminarci sopra, poi a correre piano, poi più forte e così via, per un po’ di tempo…Se il nostro esercizio dura, diciamo, mezzora, in questo tempo manifesteremo una ben definita "variabilità” di comportamento, rappresentata dal piano di allenamento che ci siamo dati.  Potremo, ad esempio, camminare per 10 minuti, poi correre piano per altri 10 e poi correre forte per altri 10 ancora. In totale 30 minuti di allenamento. La modalità con cui svolgiamo questo allenamento è caratterizzata dalla "variabilità” dei tipi di moto con cui ci muoviamo sul tapis roulant: camminiamo per un po', poi corriamo piano, poi più velocemente. La capacità di svolgere un allenamento del genere dipende dalla nostra forza, cioè da quanto siamo allenati. Se siamo su un tapis roulant orizzontale non abbiamo altre variabili da tenere in conto che possano in qualche modo aumentare o diminuire il nostro sforzo... 

Supponiamo però adesso che un nostro amico, decisamente "malvagio", spinga, senza che noi ce ne possiamo accorgere, visto che siamo bendati, il tasto che fa aumentare l’ inclinazione del tapis roulant. Noi non vediamo che il tapis roulant sta iniziando a inclinarsi. Ci rendiamo però conto che qualcosa sta accadendo perchè iniziamo a fare un po' piu' di fatica. Ma magari crediamo che questa maggiore fatica dipenda solo dalla nostra stanchezza. Che non ci sia cioè nulla di cambiato rispetto a prima. Per di più  il nostro amico (sempre più malvagio) ci continua a dire che lui non vede nulla di diverso da prima. Nega, addirittura, che stia accadendo qualcosa, che il tapis roulant si stia inclinando, pur sapendo di essere stato lui ad attivare la sua inclinazione !

Cosa accade invece dopo un po' ?

E' facile immaginarsi lo scenario. Finchè l’inclinazione è modesta neanche ci accorgiamo della differenza rispetto a prima. Possiamo cioè fare tutti i nostri esercizi, seguire cioè scrupolosamente il piano di allenamento che ci siamo dati. Possiamo, in altri termini, manifestare tutta la “variabilità” di comportamento previsto, esattamente come facevamo prima, quando il tapis roulant era orizzontale. Potremo quindi, restando all’esempio di prima, camminare 10 minuti, correre piano altri 10 e poi velocemente per altri ulteriori 10. 

Continuando ad aumentare l’inclinazione, però, accidenti, le cose cambiano…Ecco che iniziamo a fare molta fatica a correre molto velocemente. Anzi, capita che proprio non riusciamo a svolgere più quel piano di allenamento. Magari la maggioranza del tempo la passiamo correndo molto piano, se non addirittura camminando e ogni tanto fermandoci addirittura, per respirare. Al termine dei trenta minuti scopriamo che invece di correre velocemente per 10 minuti, poi piano per altri 10, poi camminare per altri dieci, stavolta abbiamo corso velocemente per soli 2 minuti, poi piano per 8 e camminato per ben 20 minuti…In sostanza scopriamo, con una certa incredulità, che la nostra “variabilità” di comportamento è molto cambiata. In realtà ce ne rendevamo un po' conto quando facevamo l'esercizio, ma un po' non eravamo del tutto sicuri, un po' l'amico (malvagio) ci diceva che non stava accadendo nulla... 

In sostanza non abbiamo “percepito”, mentre facevamo l'esercizio (anche perchè eravamo bendati), che il tapis roulant stava cambiando il suo stato di inclinazione. Sta di fatto che riscontriamo, alla fine, una variabilità di comportamento che non ci aspettavamo all'inizio. La causa di tutto è stato chiaramente l'amico (malvagio) che ha attivato l'inclinazione del tapis roulant...

Si dovrebbe essere capita, spero, l'analogia...

L'umanità vive in un mondo che sta cambiando le sue caratteristiche climatiche. I gas serra stanno crescendo di concentrazione, per colpa soprattutto delle attività umane, così come il tapis roulant sul quale abbiamo corso in palestra aumentava la sua pendenza. Nell'atmosfera del mondo dove viviamo si sviluppano i moti delle masse d'aria, si verificano eventi meteorologici estremi, si caratterizza la biosfera al cui interno vivono e si muovono le persone, gli animali e si manifesta la biodiversità vegetale e animale. L'umanità vive in questo mondo, così come noi che corriamo sul tapis roulant. E subisce le modifiche dello stato climatico, che impattano sulla variabilità dei moti atmosferici, sulla biosfera, sulla vita delle persone. Così come chi corre sul tapis roulant e subisce l'impatto dell'aumento della sua inclinazione e vede mutato il suo piano di allenamento. Più l'atmosfera si arricchisce di gas serra, più la variabilità del suo stato fisico cambia. Così come accade a noi che corriamo su quel tapis roulant della palestra Greenhouse, e che stiamo iniziando a sperimentare sempre più gli effetti della pendenza del pavimento che sta crescendo

Il bello è che, giorno per giorno, non ci rendiamo conto che il clima stia cambiando, nè possiamo assolutamente verificare che un singolo accadimento possa essere connesso al cambiamento climatico. Ma allo stesso tempo tale cambiamento, lento ma continuo del clima, influenza un pochino anche quel singolo evento. L'impatto sul singolo evento è impercettibile e difficilmente misurabile. In realtà è solo alla fine della "corsa" che registriamo un cambiamento della frequenza di occorrenza dei fenomeni accaduti. Così come alla fine della corsa ci rendiamo conto che non siamo stati più capaci di correre velocemente sul tapis roulant, perchè la pendenza era diventata troppo grande. E magari abbiamo per la maggior parte del tempo camminato.
  
Il cambiamento climatico può quindi cambiare la frequenza di accadimento delle anomalie termiche o di precipitazione. O dei venti, dell'occorrenza dei cicloni, o della durata dei periodi con onde di calore. Ad esempio, certe ondate di gran freddo (o di caldo) alle medie latitudini potrebbero crescere di frequenza di occorrenza rispetto ad oggi, a causa del riscaldamento delle aree polari della terra che induce una maggior ondulazione del vortice polare, e questo senza che il singolo evento anomalo possa essere attribuito tout-court, e in modo percettibile e come evento singolo, al clima che sta cambiando (vedi qui, per saperne di più).

L'aspetto preoccupante di tutto ciò è che in un futuro caratterizzato da un clima mutato, certi fenomeni atmosferici potrebbero anche non realizzarsi mai più o molto di rado, mentre altri invece potrebbero accadere molto più spesso. Questa modifica di variabilità avrà necessariamente impatti, che in parte possiamo già ora immaginare, pur con un margine di incertezza. Per limitare queste modifiche bisognerebbe agire sulle cause che le hanno prodotte, immettere cioè  meno gas serra in atmosfera, che è un po' come, ritornando al tapis roulant della palestra Greenhouse, fare in modo che esso torni orizzontale. Agire sulle cause che producono gli effetti significa attuare delle politiche di mitigazione.

Analogamente, se il clima sta cambiando e se, nel farlo, modifica la frequenza di occorrenza di tanti fenomeni, creando magari maggiori condizioni di rischio, allora dovremmo anche preoccuparci di ridurre gli impatti negativi di tale maggior rischio. Cioè dovremmo agire sugli effetti, dovremmo in sostanza "adattarci" un po', per cercare di attenuarli.  Un po' come dovremmo cercare di calare di peso se acquisiamo la consapevolezza di correre su un tapis roulant che sta aumentando di inclinazione, almeno se pretendiamo di riuscire lo stesso a correre...come riuscivamo a fare con il tapis roulant in piano...

Carlo.

mercoledì 1 gennaio 2014

Flash forward



“Francesca, dove sei ? Ma che fai ancora sveglia, non riesci a dormire ? Colpa del  troppo caldo, vero ? ”.  La voce di Luca rimbombò in quei muri resi torridi dalla calura eccezionale che proseguiva anche quella notte, inesorabile come tante altre notti prima.  “Sono qui”, rispose Francesca: “ nello studio, sto cercando delle cose. Si, stanotte è impossibile veramente: saranno 34 gradi, e sono le due di notte. E in frigo non c’è più neanche un goccio d’acqua”. “Scusa ma non l’avevi comprata ieri al supermarket ?”, aggiunse Luca. “Figurati, le tre bottiglie  che ho comprato ieri sono già finite: ormai anche l’acqua è razionata.  Fai la fila per comprarla e, ammesso che la trovi,  non te ne danno più di tre bottiglie alla volta”.

Francesca riprese a muovere oggetti in quel vecchio mobile dello studio, a spostare sedie, tappetini, soprammobili  di vario genere e di dubbio gusto depositati più o meno a casaccio nella stanza. La quantità di polvere  in quel vecchio comò era indicibile, ma non era più una novità. Oramai la polvere era presente in ogni buco, dentro le case, lungo strade, dentro i cortili, sui tetti delle macchine, accumulata a terra, a montagne. Il caldo eterno, la mancanza di pioggia aveva trasformato quella città un tempo verde in una zona semi desertica, dove il degrado urbano trionfava in ogni angolo.

Il mobile vecchio aveva una serie di cassetti, qualcuno Francesca riuscì ad aprirlo facilmente con un lieve tocco delle dita, qualcun altro sembrava bloccato da una resistenza eccezionale. Con qualche sforzo aggiuntivo Francesca riuscì ad aprirne uno che stava in alto, e al suo interno vide con grande sorpresa  un oggetto nero, della grandezza di un libro. Li per li Francesca non fu in grado di riconoscere  cosa potesse essere quell’oggetto. Poteva essere appunto un libro, oppure una scatola, o una vecchia radio. Fece uno sforzo e lo estrasse del tutto dal cassetto. Tossì per la grande quantità di polvere che ci stava depositata sopra e che si alzò con quel suo movimento, e quando la tosse si calmò, guardo meglio quell’oggetto e constatò che si trattava di un vecchissimo modello di PC portatile, uno di quei modelli che fabbricavano  una cinquantina di anni prima, attorno agli anni 2010-2020 e che da moltissimi anni non venivano più prodotti. 


Oramai la tecnologia informatica dei PC era stata del tutto soppiantata da terminali ad interfaccia vocale, estremamente ergonomici, che permettevano connessioni con lontanissimi server, chissà dove installati. Era la logica “grid” che aveva avuto un clamoroso successo; in realtà tutto era gestito da un qualche “grande fratello” super tecnologico di orwelliana memoria che nessuno sapeva chi fosse e dove fosse  e che teneva in pugno tutta l’informazione informatica che girava nel mondo. E quindi, che teneva in pugno l’umanità intera che non poteva far nulla senza i computer. Tutto era distribuito oramai, e tutto viaggiava, o meglio aveva viaggiato…, attraverso le potenti linee di trasmissione telematiche. E’ bene dire per l’appunto “aveva viaggiato”, così era infatti ai tempi della crescita economica che sembrava inarrestabile, e prima del grande black-out dell’energia.

Quell’oggetto scuro, misterioso, Francesca non l’aveva mai notato. Né si ricordava di averlo mai visto prima in passato, forse poteva essere un oggetto appartenuto a sua mamma o suo padre. Ma un’attenta disamina dello chassis le permise di escludere subito questa ipotesi. Infatti,  dietro, c’era impressa una serie di numeri di serie dell’oggetto e, ancora più separata,  si leggeva una sigla che indicava l’anno di produzione: 2008. Quell’oggetto poteva ben considerarsi oramai un articolo di modernariato, con i suoi quasi sessant’anni di vita…e sicuramente era appartenuto a suo nonno Luigi, il climatologo.

Ovviamente non aveva alcuna speranza di poterlo accendere. C’erano ancora all’interno delle vecchie pile totalmente consunte dagli anni…Guardò bene dentro il cassetto e vide un filo elettrico, una spina. Sicuramente era quello il sistema di connessione che permetteva di alimentare quel PC mediante la rete elettrica. Ovviamente quella presa non era più compatibile  con gli standard della sua epoca, ma Francesca non disperò…era abbastanza brava a lavorare con le mani, e con un po’ di fatica riuscì a rimuovere quella vecchia spina e a mettere al suo posto una nuova interfaccia che si adattava alle attuali prese di corrente presenti sui muri…Era eccitata, poteva darsi che quel PC si sarebbe anche potuto accendere, e le avrebbe potuto permettere, chissà, di guardare indietro nel tempo, rovistando tra quei vecchi “file” depositati nella pancia di quel vecchio computer. Sicuramente i software che avevano prodotto quelle immagini e quei documenti di tanti decenni prima non esistevano più da anni, però Francesca non disperò lo stesso di riuscire a carprine i segreti. E così fu, infatti…

Dopo un po’ di traffici con cacciaviti e strani strumenti digitali, spinse un pulsante verde che aveva applicato sulla parete superiore del PC, e allora, come per magia, il monitor riprese vita e piano-piano, come emergendo da un altro universo, apparvero delle immagini e dei suoni. Le immagini erano poco dettagliate, ma Francesca riuscì a riconoscere  un’aula molto grande, tanta gente, sembrava un convegno…Il file mostrava la data del dicembre 2013, doveva essere in prossimità del  Natale di quell’anno…


All’improvviso apparve un uomo giovane, che Francesca riconobbe subito essere suo nonno Luigi da giovane. Salì sul palco, si spensero le luci. Apparve la prima immagine della presentazione , si udì la sua voce dapprima fioca, poi i suoni si fecero sempre più nitidi, autorevoli… Francesca si accasciò su una poltrona, sconvolta da quelle emozioni inattese. Non aveva più alcun ricordo della voce del nonno, morto da una ventina d’anni, e quelle parole le sembravano come provenire da un mondo parallelo, lontano, forse, dall’aldilà…

 
<< Cari  colleghi, colleghe, autorità, signore e signori, buonasera a tutti e grazie di avermi invitato a prendere la parola in questo importantissimo simposio dove si discuterà , da oggi e per i prossimi 3 giorni, dei problemi della nostra Terra, che stanno crescendo di anno in anno. E non appaiono assolutamente diminuire.. Sussistono ormai evidenze molto chiare che il clima globale si stia modificando. Ad esempio dall’ultimo report, il quinto, presentato a Stoccolma a settembre 2013 dal WG1 dell’IPCC,  emergono alcune conclusioni abbastanza chiare che possono essere  riassunte  in pochi punti che vado ad elencare :

- È oramai certo il ruolo degli effetti  antropogenici sul sistema climatico. Un numero crescente di  evidenze osservative permette di dire che con “estrema probabilità”, la causa dominante del riscaldamento osservato fin dalla metà del XX secolo sia costituita dalle attività umane;


- L’atmosfera e l’oceano si sono riscaldat, l’estensione e il volume dei ghiacci si sono ridotti, il livello del mare si è innalzato, e molti di questi cambiamenti non trovano riscontro negli scorsi due millenni; 


- Gli ultimi tre decenni sono stati i più  caldi dal 1850, quando sono iniziate le misure termometriche a livello globale. Il periodo 1983-2012 è stato probabilmente il trentennio più caldo degli ultimi 1400 anni;

Sii nota un aumento di frequenza di occorrenza degli eventi estremi  a partire dagli anni 50 del secolo scorso. Parallelamente si rileva un probabile aumento di frequenza di occorrenza delle ondate di calore in diverse aree del pianeta tra le quali l’Europa e, analogamente, un aumento dell’intensità delle precipitazioni in molte aree europee e del Nord America;effetto serra potranno causare un ulteriore riscaldamento e cambiamenti in tutte le componenti del sistema climatico;


Non v’è più alcun dubbio che le modifiche del clima globale potranno durare per secoli, dal momento che le emissioni di gas serra stanno continuando a crescere e non si denota ancora un sostanziale cambiamento di direzione, probabilmente anche per la scarsa efficacia degli accordi intergovernativi;


Il riscaldamento causerà cambiamenti nella temperatura dell’aria, degli oceani, nel ciclo dell’acqua, nel livello dei mari, il ciclo idrologico, la criosfera, in alcuni eventi estremi e nella acidificazione oceanica. Molti di questi cambiamenti persisteranno per molti secoli.

I segnali di cambiamento climatico, pur con differenze anche talvolta elevate, sono rilevabili anche a scale spaziali minori e ce ne stiamo accorgendo già ora. Si notano già  chiari segni di cambiamento nelle temperature e nelle piogge. Ad esempio in Emilia-Romagna, la Regione dove lavoro, abbiamo rilevato un aumento delle temperature massime dall’inizio degli anni ’80 sino a tutt’oggi dell’ordine di quasi 2°C in poco più di 40 anni (circa 0.5°C/10 anni). Tale segnale è visibile in tutte le stagioni. In particolare, d’estate si osservano valori di temperatura sempre superiori ai valori di riferimento climatici. Le piogge stanno calando, soprattutto d’estate, anche se non sono certo calati gli episodi di eventi molto intensi. E’ la stessa medaglia guardata da due facce opposte. Più caldo significa più onde di calore e anche più siccità, ma anche più instabilità dell’aria e quindi più propensione all’innesco di violenti temporali che producono gli effetti che avete tutti notato: l’alluvione di Genova del 2011 e la recentissima alluvione della Sardegna sono una chiara dimostrazione che il clima si è già modificato e, con esso, il rischio idrogeologico e idraulico causato da tali eventi estremi meteorologici.

Per quanto riguarda gli scenari di cambiamento climatico futuro, gli strumenti modellistici globali pur con parecchie incertezze mostrano scenari sempre più concordi. Gli attuali scenari di cambiamento  mostrano un ulteriore aumento delle temperature per tutto il secolo e fino al  2100. Lo scenario globale presenta poi dei “Punti caldi”, uno dei quali è proprio il Mediterraneo, dove viviamo noi.

Cari amici e colleghi, le modifiche del clima produrranno degli impatti sull’uomo e l’ambiente in cui vive in modo diretto ed indiretto, interagendo con l’intero sistema sociale ed economico. Li possiamo riassumere  in pochi punti:

La maggior frequenza di episodi di precipitazione intensa avrà un impatto molto grande nell’area del Mediterraneo aumentando il rischio idrogeologico-idraulico in aree già molto esposte. In parallelo, l’occorrenza di più frequenti eventi di precipitazione intensa alternati a lunghi periodi di siccità potrà alterare il ciclo idrologico e creare seri problemi di disponibilità della risorsa d’acqua;

L’innalzamento del livello del mare e gli aumentati eventi di invasione marina delle aree costiere basse potranno accelerare l’erosione delle coste, aumentare la salinità negli estuari e nei delta a causa dell’ingresso del cuneo salino;

L’aumento delle temperature e la diminuzione delle piogge potrà far estendere la durata dei periodi di siccità per periodi prolungati di molti mesi, soprattutto se questi periodi coincidono con i semestri caldi (evapo-traspirazione molto alta e aridificazione acuta);

L’aumento delle temperature medie ed estreme potrà determinare una aumentata frequenza e durata delle onde di calore.

Le vulnerabilità associate ai molti sistemi suscettibili al cambiamento climatico riguarderanno particolarmente la risorsa idrica. I primi effetti “visibili” sono le ricorrenti annate di magra che hanno coinvolto, ad esempio, il bacino del Po nell’ultimo quindicennio, ed in particolare le più recenti “emergenze siccità”, particolarmente evidenti nell’ultimo quinquennio. Il bacino idrografico del fiume Po, influenzato da una complessità di fattori sensibili al clima, costituisce  un importante scenario di eventi idro-meteo-climatici e socioeconomici. Se si considera la densità del territorio, le attività produttive insediate, le infrastrutture e il grado di utilizzazione della risorsa idrica, il bacino del Po rappresenta una realtà eccezionalmente varia e un punto nevralgico dell’economia nazionale. E quindi estremamente vulnerabile all’impoverimento della disponibilità della risorsa idrica, che rappresenta un ruolo primario nello sviluppo sociale ed economico di tutta la Pianura Padana. Le analisi di dati ambientali  delle Regioni del Bacino del Po, hanno confermato e specificato a livello regionale quanto pubblicato dall’IPCC a scala globale. Le proiezioni climatiche per il secolo in corso suggeriscono, per l’intera area del bacino del Po, essenzialmente un proseguimento dei trend in atto, con ulteriori aumenti della temperatura a fine secolo di qualche grado e precipitazioni in ulteriore calo ma con variabilità interannuale e interstagionale in aumento.

Anche le precipitazioni nevose ed il volume dei ghiacciai alpini risultano essere in forte calo. La copertura nevosa, che rappresenta una risposta integrata alle variazioni di temperatura e precipitazioni, subisce le maggiori riduzioni in primavera e nel passaggio autunno-inverno, poiché la stagione di accumulo della neve al suolo è ritardata, mentre quella di fusione è anticipata. Contestualmente ci si attende anche un costante proseguimento dell’arretramento dei principali ghiacciai alpini: i dati delle variazioni frontali confermano che la loro attività dal 1860 ad oggi è stata generalmente omogenea, eccetto un breve intervallo alla fine del XIX secolo in cui la variabilità di precipitazione a scala regionale può aver causato accumuli differenti; quantitativamente tale deglaciazione ha portato, sino ad oggi, alla perdita di circa il 40% della superficie dei ghiacciai. Alla diminuzione progressiva degli afflussi nell’ultimo trentennio e all’aumento della domanda idrica, fa riscontro un decremento significativo della portata media dei fiumi. Nel caso del fiume Po si rileva una diminuzione di circa il 20% su base annua e del 45% nella stagione estiva nel periodo 1975-2006. Altro aspetto da considerare riguarda la stima dei tempi di ritorno.      

Alle modificazioni significative della distribuzione, durata ed intensità delle precipitazioni liquide e nevose fanno seguito rilevanti modificazioni del regime dei deflussi superficiali e sotterranei con un, da un lato, aumento dei periodi di esposizione al rischio di siccità ed alluvioni. -aumentata probabilità ed intensità degli episodi di intrusione del cuneo salino e dall’altro un deterioramento della qualità dell’acqua (minore diluizione, maggiore temperatura e contenuto di nutrienti) e degli ecosistemi associati. In sostanza ci stiamo muovendo velocemente verso una maggiore esposizione al rischio idraulico, di desertificazione e sanitario.

Nel bacino padano tali modificazioni sono amplificate ed immediatamente riscontrabili nel delicato sistema deltizio, che può pertanto essere considerato un indicatore di sintesi dello stato dell’intero bacino. Ad un aumento del livello marino (sinora in verità piuttosto contenuto, ma in probabile aumento sia in valore assoluto che nella rapidità del trend) e alla diminuzione delle portate fluviali corrisponde una risalita dell’Adriatico nella pianura padana che oggi si attesta sui 20 km contro i circa 2 km degli anni ‘70. La frequente riduzione di portata al di sotto delle portate di soglia minima per contrastare l’intrusione salina mette in sofferenza circa 30.000 ettari di territorio, causando la salinizzazione delle falde, l’interruzione dell’approvvigionamento idrico, il funzionamento dell’irrigazione, il prelievo per il raffreddamento delle centrali termoelettriche, l’inaridimento delle zone litoranee, con pesanti effetti sugli ecosistemi associati ed in primis a quelli sostenuti dal corpo idrico deltizio.

Date tali premesse, diverrà sempre più strategico definire, oltre alle politiche di mitigazione che conducono ad una riduzione delle emissioni di gas “serra”, anche decise e razionali azioni di adattamento al cambiamento climatico, che siano orientate a limitare i “danni” potenziali delle conseguenze di tale cambiamento e sfruttarne le opportunità. Le azioni di adattamento servono per ostacolare gli effetti del mutamento del clima puntando a ridurre il rischio e i danni derivanti dagli impatti negativi (presenti e futuri) del fenomeno in maniera efficace anche dal punto di vista economico. 


Molti impatti del cambiamento climatico possono essere affrontati efficacemente attraverso l’adattamento, in particolare gli impatti a breve termine, mentre all’aumentare dell’entità del cambiamento le opzioni efficaci diminuiscono ed i costi associati aumentano. Le conoscenze attuali già consentono la selezione di azioni di adattamento preventivo, che hanno costi limitati e non minacciano sistemi sociali e settori economici, rispetto all’adozione di forme di adattamento di tipo reattivo, cioè applicate a seguito di frequenti crisi e disastri. Tuttavia tali opzioni sono attualmente applicate in modo limitato ed estemporaneo e, soprattutto, non sembrano apparire tra le priorità dell’attuale classe politica.

Se noi, uomini di questo inizio di secolo, non prenderemo in esame il problema climatico, i nostri nipoti e pronipoti ne subiranno delle gravi conseguenze. E la responsabilità sarà stata nostra, solo nostra. Non ce lo scordiamo. Grazie per l’attenzione >>.


Il video si chiuse  e Francesca scorse nel monitor l’immagine di un pubblico ammutolito e sorpreso e che tuttavia applaudiva con convinzione. Sicuramente tutta quella gente sembrava sopraffatta, costernata da quelle parole, soprattutto dalle ultime che aveva ascoltato.  Nonostante quel successo, però il giovane scienziato, il futuro nonno di Francesca, appariva deluso, sfiduciato, senza forze. Era infatti realtà consapevole che la forte emozione di tutta quella gente nell’ascoltare le sue parole si sarebbe pian-piano dissolta, demolita dalla consuetudine della frenesia del vivere di tutti i giorni.

E questo era puntualmente avvenuto.

Carlo.