mercoledì 10 settembre 2014

Lo stato dell’Atmosfera e le previsioni del tempo a breve e lunga scadenza. Analogie e differenze, limiti e opportunità offerte dal mercato del meteo, rispettoso della complessità, non riducibile, della Natura

Se si vuole parlare di “previsione del tempo”, a qualsivoglia scadenza temporale, è necessario capire che questa è “figlia” della previsione dello Stato fisico dell’Atmosfera, sovrastante quantomeno l’area dove si vuole sapere che tempo farà. Ma cosa si intende per “Stato fisico dell’atmosfera”? L'atmosfera è fatta da un miscuglio di gas, e pertanto si "muove" e si modifica in accordo alle fisiche dei gas. Si tratta delle leggi della meccanica e della termodinamica, note da qualche centinaio di anni. Trattandosi di stato "fisico", allora l’atmosfera sarà descritta da grandezze per l’appunto fisiche, tipo la velocità e direzione dei venti, tipo la temperatura o la densita dell’aria o la pressione atmosferica. Quindi l'evoluzione dell’atmosfera, e quindi del tempo meteorologico che ne deriva, è determinata da come evolvono nel tempo e nello spazio queste grandezze, che in gergo si chiamano “variabili di stato”, a partire da specificate “condizioni iniziali”. Come dire che se conosco adesso la pressione atmosferica o la temperatura in un punto e alcune altre grandezze..., posso stimare cosa accadrà in futuro. 


Tali leggi sono scritte in linguaggio “matematico” sotto forma di equazioni differenziali a derivate parziali, non lineari e a coefficienti variabili (questo per essere proprio…precisi), e non sono assolutamente affrontabili e risolubili con “carta e matita”, perché troppo complesse. E’ necessario allora approssimarle e scriverle sotto forma di equazioni algebriche che possono essere “risolte” attraverso l’uso dei potenti computer.  La sostanza della previsione meteo numerica è semplice, in definitiva: se si conosce lo stato iniziale dell’atmosfera in una data area, e questo è possibile attraverso gli strumenti di misura esistenti e di varia tipologia (al suolo, i radar, i radiosondaggi, i dati da satellite, da areo ecc..)  è possibile conoscere, con una certa piccola o grande approssimazione, l’evoluzione futura di tale stato, risolvendo numericamente queste equazioni algebriche, che simulano, per quanto possibile, l’evoluzione dell’atmosfera reale, che è descritta appunto dalle variabili di stato di cui sopra. 


Figura 1: la divisione in “volumetti” dell’atmosfera in

un tipico grigliato tridimensionale usato in un modello globale 
Il problema principale è che prevedere l’evoluzione di un sistema complesso come l’atmosfera è una cosa molto difficile. Prima di tutto perché come è facilmente intuibile, sono tantissimi i “punti” che si devono considerare per capire l’evoluzione futura in un volume di aria che si considera. Sono quindi necessarie delle drastiche semplificazioni per ridurre ad un numero elevato ma finito il numero di variabili di stato, definite su un numero grandissimo ma comunque discreto e finito di punti dove si deve  conoscere l’evoluzione.  In pratica quello che si fa è dividere tale volume di aria in tante cellette o volumetti e risolvere le leggi della Fisica di cui sopra su ognuno di questi volumetti (vedi la figura 1): il volume potrebbe ricoprire tutta la terra, in tal caso di parla di previsioni globali e di modelli globali, o parte di essa, in tal caso si parla di previsioni locali e modelli ad area limitata). Se i volumetti sono di dieci chilometri di lato e uno di altezza, allora ne avremo, ad esempio, diecimila per ogni piano orizzontale (100*100)sovrastante un'area di interesse di un milione di chilometri quadrati (1000*1000). Se di piani orizzontali ne abbiamo dieci in dieci chilometri di altezza di atmosfera, allora ogni volumetto rappresenta un “volume” di aria di cento chilometri cubi (10*10*1) e in totale nel volume di aria complessivo ci sono centomila volumetti. Se lo stato di ogni volumetto è determinato da cinque variabili (le tre componenti della velocità del vento, la temperatura, la densità dell’aria), allora ci saranno ben cinquecentomila variabili da considerare per conoscere lo Stato (attuale e futuro) dell’atmosfera in quel volume totale di 1000x1000x10 chilometri cubi di atmosfera. Con i potenti computer di oggi, fare i “conti” in tempi stretti con questi numeri è un giochetto da ragazzi, solo 25-30 anni fa era invece un sogno che sembrava irraggiungibile (a meno che non si usassero dei “volumetti” di solo 200-300 Km di lato  però in quel caso il realismo della previsione numerica era molto peggiore di oggi. Potenza della scienza e della tecnologia informatica, si potrebbe dire!

Da un punto di vista teorico, per descrivere l’evoluzione dell’atmosfera sovrastante quell’aria serve conoscere l’evoluzione di cinquecentomila variabili di stato…Se volessimo "visualizzare" questa evoluzione in uno spazio cartesiano dovremmo usarne uno con cinquecentomila assi. E in questo spazio a cinquecentomila dimensioni un punto rappresenterebbe lo STATO dell'intero volume di 1000*1000*10 chilometri cubi di atmosfera...La curva che quel punto percorre in quello spazio nel tempo rappresenterà allora l'evoluzione nel tempo di quel volume d'aria, descritto da tutte quelle cinquecentomila variabili.. Difficile da capire? Magari no...
In ogni caso, per far capire meglio il concetto, proviamo a selezionare tra quelle cinquecentomila variabili solo due. In tal modo potremo dare una rappresentazione grafica reale a questa evoluzione....Le due  variabili, tra queste cinquecentomila, potrebbero essere due temperature in due "volumetti" di atmosfera posti abbastanza lontani tra loro all'interno del dominio di interesse. Oppure potremmo prendere due variabili diverse in uno stesso volumetto, che so la temperatura e la componente est-ovest della velocità del vento...Facendo così potremo rappresentare l’evoluzione dello stato "ridotto" attraverso solo queste due variabili in un piano cartesiano avente solo due assi, X1 e X2 (vedi Figura 2), che rappresentano appunto le due variabili di stato selezionato. In tal modo  possiamo rappresentare in modo visivo l’evoluzione dell’atmosfera come appunto una serie successiva di punti in uno spazio a due dimensioni che percorrono una curva che, a partire da un punto iniziale, evolve nel piano disponibile. Ogni “punto” rappresenta lo Stato in un dato giorno, ad esempio.  


Figura 2: La curva nera rappresenta l’evoluzione dello stato osservato dell’atmosfera (qui semplificato da solo due variabili di stato X1 e X2) che parte da uno stato iniziale e evolve nel tempo. Inizialmente lo stato rimane in un regime di anomalia negativa (evidenziata dal cerchio celeste), poi oscilla attorno ad uno stato di anomalia nulla (sta cioè attorno ai valori medi, o normali, cerchio verde) ed infine transita verso uno stato di anomalia positiva (cerchio rosso) per entrambe le variabili di stato.


La curva si sviluppa su un arco temporale di poco più di 100 giorni, in sostanza poco più di una stagione. Un altro piccolo dettaglio di scarso interesse ma che aiuta a capire. Operiamo anche una “normalizzazione” alle nostre due variabili di stato X1 e X2, per renderle prive di dimensione fisica. Per far questo si sottrae ad esse un valore di riferimento  e poi si divide per una grandezza che rappresenta la variabilità di quel valore attorno al suo valor medio, ad esempio la deviazione standard. Dividendo una cosa con dimensione con un’altra cosa con la stessa dimensione, il rapporto che si ottiene NON ha allora più dimensione, e si dice che è un numero “puro”.

In sostanza, in questo grafico, i valori di uno, due o -1 o -2 si devono interpretare come “anomalie normalizzate”. Ad esempio il valore zero significa che in un dato istante il valore rilevato è identico al valore di riferimento. Il valore 1 significa che l’anomalia, positiva, è uguale a 1 deviazione standard, il valore 2 a due deviazioni standard, -1 che è negativa e uguale ad una deviazione standard e così via…

Fatte queste premesse noiose ma necessarie, se adesso guardiamo la curva nera della figura 2, che rappresenta quella che potrebbe essere l’evoluzione “osservata” dell’atmosfera descritta dalle nostre  due variabili di stato (denominate X1 e X2), osserviamo che a partire da un punto iniziale in cui i valori di anomalia  normalizzata sono negativi per entrambe le variabili (siamo cioè in un regime di anomalia negativa, più “freddo” del valor medio se parlassimo di temperature), dopo un po’ di tempo (ogni tacchetta rappresenta un giorno), la variabile 1 si mantiene negativa mentre la 2 diviene positiva, poi entrambe si mettono a “spiraleggiare” attorno allo zero. In sostanza lo stato del sistema, descritto dalle nostre due variabili di stato per semplicità, si muove per un po’ di tempo (più o meno dal giorno 30 al giorno 50), attorno allo zero. Talvolta la variabile 1 è positiva e la due negativa, altre volte capita il contrario. Ma in ogni caso i “valori” sono prossimi allo zero. Chiameremo questo un “regime nella norma”. Successivamente, si verifica una nuova transizione e alla fine (più o meno dal giorno 70 fino alla fine della curva o pochi giorni prima), il sistema si posiziona su un regime di anomalia positiva, dove entrambe le variabili denotano un’anomalia maggiore di zero. Se interpretiamo le due variabili come, ad esempio, la temperatura osservata in due luoghi (o due dei famosi “volumetti” di cui sopra…), potremo intendere questa evoluzione nel modo seguente: si inizia con uno stato in cui in entrambi i luoghi (o volumetti) la temperatura è sotto la media del periodo, poi nel tempo i valori di temperatura crescono, oscillando attorno ai valori della norma per l’uno e l’altro punto, e poi alla fine si transita in un regime “caldo” dove in entrambi i luoghi (o volumetti) la temperatura supera la media.

 Spero che fino a qui sia tutto chiaro.

Adesso ci si poniamo la fatale domanda: come sarebbe in grado di riprodurre un modello di previsione questa evoluzione osservata, rappresentata in figura 2? Ho fatto due esempi: un caso fortunato e un caso  sfortunato, e sono rappresentati nelle figure 3 e 4, poste una sotto l'altra.


Figura 3: L’evoluzione del tempo osservata (la curva  nera della figura 1 riprodotta per comodità) e prevista da un modello di previsione “buono” (la curva rossa). Si vede come in tal caso la previsione inizialmente riproduce bene i valori osservati (nei primi 5-8 giorni), poi la curva della previsione si allontana da quella osservata pur rimanendo quasi sempre attorno allo stesso stato di anomalia dell’osservato. In tal caso, pur non essendo in grado, il modello usato, di riprodurre ovviamente l’evoluzione giornaliera (si noti che la distanza tra previsione e osservazione nei singoli giorni è molto spesso parecchio elevata, dopo il decimo giorno), tuttavia riproduce abbastanza bene le così dette “proprietà statistiche”. In sostanza lo stato previsto sta più o meno sempre nello stesso stato di quello osservato. Il modello è in grado di riprodurre, ovviamente non giorno per giorno, le anomalie osservate



Figura 4: Analoga alla Figura 2 a sinistra. E’ raffigurata l’evoluzione del tempo osservata (la curva nera) e stavolta quella prevista da un modello di previsione “cattivo” (la curva verde). Si vede molto bene come, in tal caso, di nuovo  la previsione inizialmente riproduce bene i valori osservati (nei primi 5-8 giorni), ma poi la curva della previsione si allontana da quella osservata  e non riesce mai a rappresentare i regimi di anomalia osservati, oltre ad essere chiaramente mai, come nel caso precedente, vicina giorno per giorno all’osservato. In tal caso  il modello usato non solo non è in grado, come nel caso precedente, di riprodurre l’evoluzione giornaliera, ma non è neppure in grado di riprodurre le “proprietà statistiche” menzionate prima. In sostanza lo stato previsto risiede sempre in stati diversi da quelli osservati, anche intesi come situazioni “medie”, o regimi. 

I dettagli sono descritti nelle didascalie delle figure, quello che mi preme sottolineare  sono solo alcuni aspetti: prima di tutto  che la previsione meteorologica, intesa come riproduzione deterministica giorno-per-giorno del tempo osservato, è di fatto possibile solo nei primi 5-10 giorni di previsione, successivi alla data da cui ha preso inizio la previsione. Successivamente a tale scadenza temporale, il comportamento essenzialmente caotico dell’atmosfera impedisce, per definizione, la riproduzione “esatta” dell’evoluzione nel tempo, se con il termine “esatto” si intende ad esempio la riproduzione della variabilità giornaliera, giorno-per-giorno. Si nota infatti come la “distanza” (che è una misura dell’errore della previsione) da giorno a giorno,  tra la curva nera (osservato) e rossa (previsto) aumenti al crescere dei giorni di previsione. Queste cose le ha dimostrate un grandissimo della meteorologia mondiale, Edward Lorenz, negli anni ’60, dimostrando appunto come l’atmosfera sia essenzialmente un sistema caotico e deterministicamente non predicibile, dopo un periodo di circa due settimane, in sostanza i nostri 10 giorni, giorno più giorno meno…

Non entrerò nei dettagli del ragionamento di Ed Lorenz, per chi fosse interessato rimando a questa fondamentale lettura  (vedi qui).
Da quanto detto sino ad ora,  non sembra sussistere via d’uscita: fare previsioni di lungo periodo significa solo perdere tempo. Non è così. Cerchiamo di capire meglio cosa voglio dire…

Se guardiamo bene la figura 3, si nota che, almeno in questo caso, la previsione di lungo periodo, pur non essendo certamente MAI in grado di riprodurre i dettagli della variabilità giorno-per-giorno, è tuttavia in grado di “catturare” abbastanza bene i “regimi” in cui l’atmosfera osservata si “posiziona” nel tempo, ed anche  le transizioni tra regime e regime. Ad esempio l’evoluzione da periodi ad anomalia negativa (freddi) a positiva (caldi), la permanenza all’interno di un dato regime (freddo o caldo, per mantenere l’esempio).

Cosa si può concludere, almeno per questo caso che ho chiamato “fortunato”? Si conclude che non sarà mai, sottolineo MAI, ad esempio possibile rappresentare il tempo futuro del giorno X dell’anno Y, partendo da condizioni iniziali di due mesi prima il giorno X, ma tuttavia può essere possibile conoscere con un certo livello di incertezza (diverso da zero ma neppure infinito), se nei due mesi successivi quel giorno X il tempo potrà essere “mediamente” un po’ più anomalo in un senso o nell’altro (più “caldo” o più “freddo”), o magari simile a quello osservato. E più o meno quando potrebbero verificarsi le transizioni da un regime all’altro. Niente più di questo, pero’! Questo sarà tanto più vero quanto più ampie si considereranno le aree geografiche dove si faranno le valutazioni dello stato dell’atmosfera.  Se l’area geografica è quella del singolo “volumetto” di atmosfera  di cui si parlava poco fa, allora sarà abbastanza difficile aver successo. Cioè quella curva prevista difficilmente si terrà tutto sommato abbastanza “vicina” a quella osservata. Mettendo assieme più volumetti e operando una media questo magari potrebbe essere più possibile. Cioè mediando su più “volumetti” il segnale corretto potrebbe anche saltar fuori.


Fosse così sempre, saremmo felici…Ahime, purtroppo questo non accade sempre.
Ci sono molte situazioni (i casi “sfortunati”) in cui questo NON accade. Nel caso (appunto sfortunato) raffigurato nella figura 4, la curva di previsione (curva verde) è sempre lontana da quella nera e non riproduce assolutamente mai non solo la variabilità giorno-per-giorno (come nel caso fortunato precedente) ma neppure i regimi medi osservati. 

Questa diversità di comportamento accade perché le situazioni NON sono tutte ugualmente predicibili, e questo dipende da tanti fattori: la posizione geografica (ad esempio nelle aree tropicali in genere c’è maggiore predicibilità di quelle extra-tropicali), la stagione dell’anno, la situazione meteorologica più o meno evolutiva (situazioni caratterizzate da passaggi continui di cicloni sono meno predicibili di situazioni di tempo bloccato.

Purtroppo è difficile stabilire “in anticipo” in quale di queste fortunate (o sfortunate) situazioni ci si potrà trovare. Talvolta il successo è maggiore in quanto sussistono grandi anomalie globali o emisferiche (tipo l’anomalia diEl Nino – qui i dettagli - che interessa le aree tropicali del Pacifico) o sussistono dei “pattern” di configurazione atmosferica (tipo la North Atlantic Oscillation  (qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Oscillazione_Nord_Atlantica i dettagli) che in qualche maniera “forzano” il tempo meteorologico verso situazioni più facilmente predicibili anche nel lungo periodo, soprattutto grazie agli Oceani che hanno una variabilità molto più “lenta” dell’atmosfera, soprattutto in profondità, e quindi mantengono “memoria” anche per diversi mesi in avanti. Ma sarebbe troppo facile se fosse sempre così. Stabilire una regola semplice è molto difficile, addirittura fuorviante.

Non è possibile costruire cioè un modello che ci anticipi in maniera chiara se “saremo” fortunati o sfortunati. Ci possono essere degli indizi, e il meteorologo bravo li deve saper cogliere. E' essenziale quindi che ci sia l'uomo, in questo processo, che non potrà quindi mai essere completamente automatizzabile...Sappiamo ad esempio che se in Europa sussiste un regime di North Atlantic Oscillation (NAO) positiva c’è da attendersi un regime di precipitazioni più basse in tutta l’area del Mediterraneo e maggiore sul Nord Europa, diversamente dalle volte in cui il pattern della NAO è rovesciato. Ma anche in tali casi talvolta non è così.

In ogni caso, e di nuovo lo ri-sottolineo, sia nei casi fortunati che tanto più in quelli sfortunati, NON E’ mai possibile dare indicazioni di dettaglio nel futuro successivo a 10 giorni, tipo prevedere l’esatta configurazione di una struttura di pressione e, ancor di più impossibile, anticipare il tempo meteorologico in una specifica località. Al massimo si può dire qualcosa sul tempo medio, guardando aree abbastanza vaste, e anche così il margine di errore può essere grande. Talvolta molto grande.

Questa conclusione dovrebbe chiarire, spero una volta per tutte, il tema della attendibilità, e prima ancora di questo, della "lettura" che si debba dare alle previsioni di lungo periodo, che non sono "la stessa cosa" delle previsioni a due-tre giorni, come ho cercato di spiegare...E quindi se è perfettamente lecito quantificare in modo esplicito la previsione, ad esempio di temperatura in una località tra 3 giorni, non è assolutamente possibile farlo con previsioni a 15 giorni. Dire che tra quindici giorni, a Bologna o in qualunque altro posto, ci saranno X gradi di temperatura massima è pertanto una reale "bufala":

E’ però evidente che pur non essendo in grado di riprodurre MAI, dopo i famosi primi dieci giorni, l’evoluzione giorno per giorno, ma semmai  solo le transizioni tra regimi di anomalia diversa o magari la permanenza in uno stesso regime, ebbene anche questa limitata potenzialità può essere di grande rilevanza, sia teorica che pratica. Ad esempio, se si pensa a tutte le volte che è necessario pianificare azioni nei diversi settori di attività umane, il sapere anche solo che tra un mese sarà in una data area “un po’ più caldo della media” o “più freddo”, o “più piovoso” o “meno piovoso” del normale, può fare la differenza tra scegliere bene o male. E magari si tratta di azioni che costano grande fatica, soldi e responsabilità da dover prendere. Si pensi ad esempio alle aziende municipalizzate che devono programmare lo stoccaggio del “gas” da riscaldamento, oppure pianificare attività in agricoltura (es: quanta acqua per irrigazione sarà necessaria tra un mese), oppure la pianificazione delle azioni di difesa da alluvioni ecc….

L'obiettivo di questo post era di fare un po' di chiarezza in merito al tema, complesso, delle previsioni meteo. Abbiamo visto che previsioni a 2-3 giorni e previsioni a 3-4 mesi sono cose diverse assai, e quindi la lettura che se ne fa deve necessariamente essere diversa. 
Certamente stiamo trattando un tema complesso...

E allora chiudo questo post con la speranza di aver centrato l'obiettivo di raccontare una cosa complessa in modo da farmi capire. Spero che il lettore si sia fatto un'idea dei limiti delle previsioni che vengono emesse, di quanto complessa sia la Natura, in questo caso l'Atmosfera, che non è predicibile in senso "stretto" oltre i noti (oramai spero...) 10 giorni, ma allo stesso tempo non preclude la possibilità di dire qualcosa dopo questi mitici 10 giorni. Sono cose diverse, è necessario differenziarle, è necessario spiegarle. E alla fine, se si è capito, ebbene questo sarà un tassello in più nella conoscenza delle persone, che potrà solo far del bene.